BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

Dentro il teatro. “La stranezza”. Regia Roberto Andò

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Con Toni Servillo, Salvo Ficarra, Valentino Picone.

 

“Paracadutisti culturali!” Così Jean Marie Straub, tra i boschi etnei di “Empedokles”, mi etichettò due cineasti che nei primi anni ’80 si erano cimentati con il Pirandello delle “Novelle per un anno”. Non sapremo mai il suo giudizio (come quello di Angelo Pizzuto – tra cinema e teatro) sull’opera che Roberto Andò ha magistralmente  confezionato.  Nulla di più intenso e teatralmente “vero” di questo grande film, che giunge invece  da dentro, da dentro la Sicilia e da “dentro il teatro”.

Da una dritta di Leonardo Sciascia, Andò racconta una incredibile e verosimile storia: Luigi Pirandello, in crisi di scrittura, giunge a Girgenti prima di onorare Verga a Catania (settembre 1920). Conosce due becchini/teatranti che, durante una esilarante rappresentazione di un dramma, gli danno involontariamente una idea che gli farà esitare i “Sei personaggi”. Il film si conclude con il clamoroso debutto al “Valle” (maggio 1921). Tutti grandi attori che danno brividi di piacere.

La sua padronanza di tutti i registri (teatrale, cinematografico e letterario) fanno stare a perfetto agio il regista con un gigante del teatro e della letteratura, come già ne “Il manoscritto del principe” (2000) dove, in una scena, Lampedusa “scrive”, con il suo sangue, una pagina del suo capolavoro.

Un film raro, intenso, divertente e profondamente pirandelliano, nel senso più ampio e ricco del termine. Un’opera che mette insieme le “Novelle” (la stranezza è un “Male di luna”) e le “Maschere nude”, con l’assoluto sovrapporsi tra persone e personaggi, tra realtà e finzione. Attualissimo il maneggio delle salme, depositi compresi,  come pure gli scambi, pure avvenuti in epoca Covid.

Scusate il campanilismo, ma solo un siciliano di grande cultura poteva rappresentare tutte le sagome e le sfumature, fino a lasciare lo spettatore nel dubbio di sapere cosa è vero e cosa è fantasia, anche per la stessa esistenza dei due teatranti, che per questo restano chiusi dentro il “Valle”. Anche noi, grazie alla “malia” di Andò, restiamo prigionieri, magari per sempre, “dentro il Teatro”.


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