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Dalla Polonia la conferma: la guerra chiama guerra

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Come un’immonda belva che si riproduce e moltiplica per partenogenesi. Così è la guerra. Se c’era bisogno di una conferma l’abbiamo avuta ieri da quanto accaduto in Polonia. Un missile di fabbricazione russa si è abbattuto su un deposito di cereali, in una località che sorge sulla linea di confine con l’Ucraina, ed ha ucciso due persone. Russo il missile, sparato dalla Russia, con rischio immediato di reazione da parte della Nato e l’inevitabile esplosione della guerra nucleare? Per una volta all’emotività si è sostituito il raziocinio da parte dei principali soggetti coinvolti: la Polonia, la Nato, gli Usa. Così si è fatta rapidamente strada l’ipotesi alternativa articolata in tre possibili eventi prodotti direttamente dal semplice fatto che la guerra sa produrre solo atti di guerra. Ecco le alternative: un missile sganciato per errore da un cacciabombardiere russo in azione sui cieli dell’Ucraina; un missile scagliato dalla contraerea Ucraina con traiettoria sbagliata; i frammenti di un missile russo abbattuto dalla contraerea ucraina.

Mentre Polonia e Nato cominciavano a ragionare sulle consultazioni reciproche previste dall’articolo 5 del trattato dell’alleanza atlantica, in Italia non si perdeva tempo. Perché stare a sofisticare? La colpa è della Russia, punto e basta. Così Calenda poteva impunemente dichiarare: “La follia russa generata dalle pesanti sconfitte continua. Siamo con la Polonia, con l’Ucraina e con la Nato. La Russia deve trovare davanti a sé un fronte compatto. I dittatori non si fermano con le carezze e gli appelli alla pace”. Non si sa se prima o dopo queste deliranti affermazioni volte evidentemente a scatenare una guerra diretta contro Putin e la Russia, l’altro convinto guerrafondaio, l’ex presidente russo Medved, dichiarava che l’occidente è pronto alla guerra totale.
E Letta? Dal forte convincimento della necessità dell’invio delle armi italiane all’Ucraina, non poteva improvvisamente cambiar linea e così se ne è uscito con una dichiarazione che sapeva molto di ignavia: “A fianco dei nostri amici polacchi in questo momento drammatico, carico di tensioni e di paure. Quel che succede alla Polonia succede a noi”. E meno male che si è limitato alla Polonia, visto che quel che succede in Ucraina è un ignobile massacro di bambini, donne, anziani che certo non vengono tutelati dalle dichiarazioni di quanti vedono solo con gli occhi delle armi. “Le carezze e gli appelli alla pace”, caro Calenda, il mondo della pace, dei centomila in piazza a Roma e dei milioni sparsi per l’Italia, li vuole destinare a quanti in Ucraina, comunque, stanno sopravvivendo e che avrebbero assoluta necessità di una tregua in un guerra mostruosa che sta demolendo la loro quotidianità. Possibile che non si voglia trarre un insegnamento neppure da quanto accaduto in Polonia? Certo è difficile credere che lo possano fare quanti, dopo il brutale massacro di milioni di persone della seconda guerra mondiale, le centinaia di migliaia di persone uccise dalle bombe americane su Hiroshima e Nagasaki, le vittime della fratricida guerra dei Balcani, non hanno fatto nulla per evitare che quelle tremende tragedie si ripetessero. E’ legittimo sperare, lo chiedo ai tanti Calenda e a chi la pensa come loro, che solo una grande, imponente massa di pacifisti cambi in meglio il mondo, che preferisca ascoltare Papa Francesco, o la Tavola della Pace, o la Comunità di Sant’Egidio – solo per citarne alcuni dei più significativi e impegnati – piuttosto che le farneticazioni di chi sa solo minacciare e praticare morte e distruzione?


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