Completata la composizione del Governo nazionale di destra- centro, attendiamo, senza alcuna illusione, quella del Governo regionale siciliano. Già alcuni commentatori hanno misurato il peso politico della Sicilia nel Governo nazionale dal numero di ministri e sottosegretari isolani nominati: uno e uno. Contemporaneamente il ministro Salvini ha rimesso in giro la favola degli ultimi trent’anni: quella del Ponte sullo Stretto di Messina da realizzare in poco tempo per garantire al Paese, tramite la Sicilia, centralità geopolitica ed economica nell’area mediterranea. Non siamo in linea di principio contrari al Ponte, ma quali sono, prima del ponte, i progetti prioritari di sviluppo sociale, ambientale ecocompatibile, industriale, agroalimentare, turistico al di là degli slogan elettorali e dell’ invenzione del nuovo reato di rave? Ancora non c’è dato conoscerli. Per recuperare il ritardo di sviluppo della Sicilia e del Sud occorrono scelte progettuali innovative e celeri. Sono ben note le difficoltà e le debolezze strutturali per accedere ai fondi europei, al Pnrr delle Regioni meridionali segnalate dal mondo del lavoro, delle imprese, delle forze sociali, dai sindaci, dall’associazionismo del terzo settore, dagli enti come lo Svimez, l’Asvis. Inoltre incombono, al Sud e al Centro-Nord, mafie, corrotti, politici collusi che non sono per nulla intimiditi dalle retoriche dichiarazioni antimafie del governo, dal tetto al denaro contante o dall’inasprimento delle pene, mentre è necessario un concreto impegno politico di prevenzione e contrasto. A tal proposito è giusto confermare l’ergastolo ostativo per i mafiosi che non si pentono e non collaborano con la giustizia, ma prioritariamente è necessario che si mettano in atto politiche per il lavoro, la scuola, la sanità pubblica, la digitalizzazione, la transizione ecologica per non fare scappare i giovani dal Sud e dalla Sicilia, per eliminare povertà e disuguaglianze, salvaguardare il Pianeta e la vita umana minacciata dalla fame, dalle guerre locali, da quella della Russia contro l’Ucraina, dal riscaldamento globale
Nelle recenti elezioni in Italia la destra si è presentata con la sua identità populista, sovranista e unita (in apparenza), mentre il centro- sinistra è apparso impegnato in una corsa ad ostacoli e diviso, così ha perso clamorosamente le elezioni. Divisi si perde, uniti si può vincere. Lo dimostra la vittoria (non trionfo) di Lula in Brasile a capo di uno schieramento di centrosinistra contro il pericoloso populista di destra Bolsonaro. Come ripetiamo spesso il centrosinistra italiano per diventare credibile alternativa alla destra-centro deve configurare la sua scelta sociale, economica, ambientalista cioè deve presentare proposte per un nuovo modello di sviluppo discusso e condiviso col mondo del lavoro e dei ceti medi produttivi e professionali, con i giovani, con i precari, con tutti i ceti impoveriti e insicuri a causa della pandemia, dell’inflazione e della minaccia di guerra nucleare.
La recente sconfitta elettorale del centrosinistra non può essere superata cambiando solo il capro espiatorio di turno senza cancellare il sistema correntizio interno, preservando la pluralità democratica e recuperando dalla storia dei partiti dei padri costituenti i valori culturali che hanno partorito la Costituzione antifascista e la democrazia parlamentare.