Stiamo andando incontro ad un mondo sempre più ostile. 13 anni di battaglie processuali trascorse nelle aule giudiziarie del mio Paese non mi hanno soltanto cambiata radicalmente nel mio modo di essere e comprendere appieno il valore della vita umana, della dignità umana. È facile parlare e finanche discutere di questi argomenti quando si fa riferimento ad altri. Quando in gioco non siamo noi stessi od i nostri cari. Facile assistere a come viene accertata la ‘verità’ nei tribunali quando ad uccidere e depistare sono uomini dello Stato, commentando dall’esterno per poi tornare alla propria quotidianità. E’ come assistere ad una fiction che magari finisce per appassionarti arrivando a coinvolgerti emotivamente parteggiando per l’uno o l’altro dei protagonisti nella curiosità crescente di conoscerne il finale.
Ma quando tu stessa ne sei protagonista e quando la fiction è viceversa assolutamente reale e si tratta della morte di tuo fratello con tutto ciò ne consegue per la tua famiglia intera, allora, questa è tutta un’altra storia.
La storia della mia vita, Ilaria Cucchi.
Una storia che non finisce mai perché non si può tornare indietro.
Ho però capito quanto importante siano i diritti umani e civili che spettano al singolo cittadino rispetto alla collettività organizzata dal patto sociale che si chiama Stato.
Sono tutto. Sono vita, dignità e sopravvivenza. Sono civiltà.
Non esiste e non dovrà mai esistere un fantomatico ‘interesse superiore’ dettato da una qualche emergenza, reale o fittizia che sia, che possa giustificarne la compromissione in danno di qualsiasi individuo. Non se ne dovrebbe nemmeno parlare.
Eppure oggi, in una spietata crisi economica che sta attanagliando sempre di più il nostro Paese e non solo, la ricetta per la soluzione che sento proporre in modo sempre più convinto ed addirittura enfatico, passa da questa strada senza nessuna reale uscita. Gli ultimi non contano. Le loro esistenze vengono letteralmente falciate in nome della migliore sopravvivenza di coloro che stanno ancora bene, che se la cavano. Tutto ciò col consenso entusiasta di costoro. In fin dei conti si fa così anche con le piante, no? Si potano i rami secchi o più sofferenti per ridare più energia a tutto il resto del corpo.
Ho deciso di accettare la candidatura che mi ha proposto Nicola Fratoianni per tentare di ribellarmi a quanto sta accadendo, di ridare voce alle coscienze nobili e pulite dei cittadini svegliandole dal torpore della cinica ma comoda indifferenza, perché devono capire che presto quel metodo assassino e disumano potrà, se ve ne sarà ravvisata la ‘necessità’, applicato anche a loro. Perché gli ultimi saranno sempre di più e vi si ritroverà ad esserlo anche chi non avrebbe mai immaginato di poterlo diventare. Chi si è tragicamente illuso che certe cose potevano capitare o, peggio, essere inflitte, agli altri.
Paura e cinismo possono essere validamente contrastate e sconfitte solo dalla conoscenza regalata dalla libera stampa.
Sono stata aiutata proprio da essa nel mio difficile e tormentato percorso giudiziario e di vita.
Art 21, in particolare, è stato sempre presente e costante compagno di sofferenza.
Ora ci provo. Sarà durissima ma peggio di ciò che ho passato cosa mai vi potrà essere?
Insulti e minacce si sprecano. Una fedelissima di Renzi mi ha definito come “una merda”. Altri simpatizzanti del centro destra hanno auspicato l’uso degli AK 47 contro di me per risolvere il problema del possibile voto a mio favore.
Sono solo un paio di esempi ma l’elenco potrebbe essere lungo.
“la Bestia” si è rimessa in moto.
Evidentemente do fastidio
Grazie a tutti per l’attenzione dedicatami.
Forse non sanno chi sono visto quel che scrivono.
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