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FORUM. Raccontare i fatti è ancora un rischio per i giornalisti, come lo fu per Giancarlo Siani negli Anni 80

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Fa bene il presidente della FNSI Beppe Giulietti a sollevare il tema della libertà di stampa. Non solo perché al riguardo l’Italia è scivolata al 58esimo posto nel mondo, ma anche perché, come scrive Danilo de Biasio, la libertà di informazione è garantita se la precarietà viene contrastata e i giornalisti salvaguardati dalle minacce.

L’Italia è scivolata così in basso in classifica per l’autocensura. Sì, oggi i giornalisti cedono alla tentazione di autocensurarsi, o per conformarsi alla linea editoriale della propria testata giornalistica, o per evitare una denuncia per diffamazione o altre forme di azione legale, o ancora per paura di rappresaglie da parte di gruppi estremisti o della criminalità organizzata.

Ma non si può tacere che 50 giornalisti sono stati uccisi in relazione al loro lavoro dal primo gennaio al 15 dicembre 2020, un numero simile al 2019 (quando ne furono uccisi 53), sebbene siano stati in campo meno giornalisti a causa della pandemia Covid-19.

Il dato che più preoccupa è che il 68% (più di due terzi) dei decessi avviene in Paesi “in pace”, soprattutto Messico (con otto giornalisti uccisi), India (quattro), Filippine (tre) e Honduras (tre).

Negli anni ’80 Giancarlo, benché molto giovane, aveva già costruito il suo stile di vita professionale , fatto di ricerca, informazione, approfondimento. Ma non immaginava che raccontare i fatti potesse rappresentare un rischio per la sua professione e meno che mai per la sua vita.

Giancarlo non ha mai pensato di autocensurarsi, piuttosto si preoccupava di essere ben informato, di avere riscontri precisi.
Ed è grazie al lavoro di tanti giornalisti- giornalisti che noi riusciamo a comprendere fenomeni complessi, giornalisti che consumano la suola delle loro scarpe per andare a vedere, e percorrere strade anche pericolose.

Pochi giorni dopo il mio insediamento alla camera ho firmato la PROPOSTA DI LEGGE
N. 416
a prima firma VERINI, su Modifiche alla legge 8 febbraio 1948, n. 47, al codice penale, al codice di procedura penale e alla legge 3 febbraio 1963, n. 69, in materia di diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, di contrasto delle liti temerarie, di segreto professionale e di istituzione del Giurì per la correttezza dell’informazione,
ma non sono riuscito a far sì che iniziasse l’iter parlamentare in Commissione. Certo è stata una legislatura molto particolare che la pandemia prima e la guerra dopo hanno fortemente segnato e condizionato nel suo normale svolgimento, ma evidentemente non rappresentava una priorità per quel Parlamento la libertà di stampa.

La libertà di informazione è il pilastro fondamentale delle democrazie, come ha affermato il presidente Mattarella.


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