Il caldo e la siccità dei mesi estivi stanno facendo discutere molto su clima e cambiamento climatico. Sembra ci si accorga ora che forse il clima sta cambiando. La frequenza degli anticicloni con le associate ondate di calore di origine africana influenzano la vita di tutti e questo viene interpretato come effetto del cambiamento climatico.
Invece, il clima è già cambiato e da molti anni. Invero, le alte temperature e la siccità del 2022 potrebbero anche rientrare nella variabilità inter-annuale; infatti singoli eventi o singole stagioni, per quanto particolari, non possono essere attribuiti con certezza al cambiamento climatico.
Il cambiamento climatico in atto è dimostrato invece in maniera chiara e incontrovertibile dalla tendenza di lungo periodo all’aumento della temperatura media globale e regionale. Così come l’aumento della temperatura della superficie di mari e oceani, l’aumentata frequenza di eventi estremi, la fusione dei ghiacciai alpini e polari sono indicatori del cambiamento climatico in ato. Certamente, la tendenza mostra che ogni anno che passa diventa più caldo rispetto ai precedenti. Ciò è vero anche per il 2022, che almeno per i primi 7 mesi è risultato l’anno più caldo di sempre in Italia, come evidenziato dai dati del CNR-ISAC.
La siccità che sta affliggendo il nostro paese è un altro indicatore di questa tendenza. La scarsità di piogge e la fusione dei ghiacciai hanno ridoto in modo drammatico la portata dei corsi d’acqua. Emblematico è lo spettacolo del nostro maggiore fiume, il Po ridoto a poco più di un torrente, con la conseguente introgressione del cuneo salino. Il cambiamento climatico ha effetti non solo su ambiente ed ecosistemi ma anche sulla salute, sulla società e sull’economia, effetti che saranno sempre più importanti se non si corre presto ai ripari.
Non vi è più dubbio che il riscaldamento globale sia dovuto all’effetto serra causato dall’uso di combustibili fossili e, di conseguenza, sia responsabile della gran parte di questi effetti. Il riscaldamento globale e gli effetti connessi sono causati in maniera assolutamente predominante dall’aumento della concentrazione di gas serra in atmosfera e soprattutto di anidride carbonica, che ha ormai superato 420 ppm (parti per milione).
Per contrastare il cambiamento climatico e limitarne gli effetti, sono indispensabili azioni immediate, sia di mitigazione che di adattamento. È necessario procedere immediatamente alla dismissione dei combustibili fossili per passare con decisione all’energia rinnovabile. Tutti i governi che hanno firmato l’accordo di Parigi dovrebbero al più presto attuare concretamente la transizione energetica per passare alle forme di energia che non impattano sul clima. Il tempo a disposizione per la conversione energetica ed economica è ora molto stretto. Occorre agire nei prossimi tre-cinque anni.
In Italia, in particolare, la politica dovrebbe occuparsi del tema del cambiamento climatico che rappresenta la più grave emergenza e quindi adottare misure di adattamento e decarbonizzazione. Occorrono investimenti importanti su questi temi, sia per fronteggiare le conseguenze del cambiamento e per la decarbonizzazione. In questo momento politico in particolare si dovrebbe aprire un dibattito serio su questi temi, con approfondimento da parte delle forze politiche.
È però necessario fare scelte decise e senza equivoci. Ovvero, è necessario al più presto dismettere tutti i combustibili fossili, ovvero carbone, petrolio e metano. È invece molto diffuso l’equivoco che il metano di origine fossile possa sostituire il carbone, perché meno inquinante e meno dannoso per il clima. Ma non è vero! La combustione di carbone , petrolio o metano produce comunque anidride carbonica nella stessa quantità, e questa determina un aumento del riscaldamento globale. Il metano ha il solo vantaggio, rispetto al carbone, di non produrre, durante la combustione, altre sostanze inquinanti, a beneficio della qualità dell’aria; ma la transizione non può essere basata sul metano, non nel medio-lungo periodo almeno. Il metano non può essere considerato una soluzione ai problemi se non per tempi molto brevi. Quindi non si deve investire sui combustibili fossili e anzi occorre disincentivarne l’uso.
Anche il nostro Paese dovrebbe attuare scelte coraggiose, per contrastare il riscaldamento globale e anche per risolvere la crisi energetica conseguente alla guerra e alla carenza del metano russo: sostituire i combustibili fossili puntando sulle rinnovabili con investimenti pubblici e incentivando gli investimenti privati. La scienza e la tecnologia sono in grado di mettere a disposizione fonti di energia rinnovabile per tute le possibili utilizzazioni. Il problema climatico è ormai una emergenza globale e richiede scelte di politica lungimiranti (progettare per i prossimi decenni!) e sostenibili a salvaguardia non solo dell’ambiente e del pianeta ma soprattutto della società e dell’economia.
i* Enrico Brugnoli, Dirigente di ricerca dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del CNR. Oltre 180 le sue pubblicazioni scientifiche nel campo dell’ecologia, della fisiologia delle piante, degli isotopi stabili e del loro uso per studiare le interazioni tra biosfera e atmosfera, anche nella prospettiva del cambiamento climatico globale. Già Direttore dell’IRET-CNR e Addeto scientifico presso l’Ambasciata d’Italia a Mosca, in ato membro del Consiglio Scientifico dell’ISPRA-Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale.