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Il diritto all’informazione e alla conoscenza. Le ragioni di una mobilitazione

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Tra le promesse non mantenute dalle classi dirigenti che hanno governato la Repubblica spiccano il diritto all’informazione (Articolo 21: Tutti hanno diritto di manifestare il proprio pensiero…) e il diritto alla conoscenza (Articolo 34: La scuola è aperta a tutti…). L’Italia è precipitata al 58° posto nelle graduatoria di Reporter sans frontieres sulla libertà di stampa; è al 29° posto sui 36 paesi dell’OCSE nel rapporto PISA sull’apprendimento degli studenti che hanno concluso la scuola dell’obbligo (16 anni) e conta decine di milioni di analfabeti funzionali, cittadini che non posseggono sufficienti strumenti intellettuali per discernere il vero dal falso, né capacità argomentativa e di giudizio per prendere decisioni responsabili nella vita di tutti i giorni, politica compresa.

Al tempo stesso, abbiamo una legislazione che ancora non ha abolito il carcere per il reato di diffamazione; crescono le minacce e le intimidazioni fisiche nei confronti dei giornalisti, e più di venti sono costretti a vivere sotto scorta; inoltre, è sempre più frequente il ricorso a liti temerarie con l’uso combinato di cause civili e penali. Per non parlare dei conflitti d’interesse irrisolti che, come un incubo, si riaffacciano all’orizzonte dopo che la Rai, anni fa, è stata sciaguratamente ricondotta sotto il tallone di ferro dell’esecutivo.

La libertà d’informazione è stretta in una morsa: una buona parte di chi dovrebbe godere del diritto di essere informato non è nelle condizioni di apprezzare e utilizzare le informazioni; al tempo stesso, chi ha il compito e il dovere di informare, è soggetto a intimidazioni e vincoli di vario ordine che ne limitano fortemente la missione, anche perché operano all’interno di un settore, quello dell’editoria giornalistica, sempre più esposto a un ridimensionamento della propria autonomia a causa di una crisi economica e di sistema che ha caratteri epocali.

Le prossime elezioni politiche potrebbero essere un’occasione propizia per lanciare programmi di riforma radicale dei mass media e della scuola; si ha, invece, l’impressione che, ancora una volta, prevalga l’irresponsabilità della politica, l’incapacità di cogliere” il carattere fondamentale, anzi fondamentalissimo, dell’Art. 21, inteso come pietra angolare della democrazia (sent. 84/1969 della C. Cost).

Se lo Stato democratico si regge sul diritto all’informazione e alla conoscenza, è di assoluta rilevanza la proposta lanciata da Beppe Giulietti di una grande manifestazione per rivendicare, nel corso della campagna elettorale, la centralità dell’Articolo 21. Si dovrà raccogliere l’adesione di tutti i partiti che si riconoscono nella Costituzione invitandoli a partecipare alla manifestazione con una lettera aperta e una richiesta d’incontro preliminare in cui illustrare proposte e motivazioni. E poiché il diritto all’istruzione è il presupposto per godere del diritto all’informazione, la richiesta di adesione andrebbe estesa alle organizzazioni di docenti e studenti che si battono per una scuola profondamente rinnovata e inclusiva. Anche in questa circostanza, l’Ass. Articolo 21 sarà in prima fila, come sempre!


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