Nessuno comprerebbe un prodotto sapendo che lo paga venti volte il suo costo. Purtroppo ciò che sembrerebbe assurdo per qualunque massaia lo è per l’economia italiana e, pure, per lo stato. Difatti il metano, se fosse estratto nel nostro mare Adriatico, ci costerebbe circa 5 (cinque) centesimi al metro cubo, oggi lo paghiamo ai russi circa 1 (uno) euro al metro cubo. Perché il c.d. “libero mercato” è governato ad Amsterdam con un meccanismo che ricorda tanto il famoso patto che citava Fidel Castro, riguardo al sistema capitalistico: “Il contratto tra il pescatore e la sardina”. Il pescatore è il “libero mercato” e la sardina siamo noi. Che, comunque e ancora, sopravviviamo.
Inspiegabilmente tutte le soluzioni, che avrebbero reso meno dipendente l’Italia dalla Russia per il metano, hanno avuto difficoltà insormontabili a realizzarsi. Sia i rigassificatori che l’estrazione del metano italiano hanno avuto l’assoluta opposizione dei c.d. ambientalisti, associazioni che godono dei contributi dell’Eni. Monopolista dei gasdotti in Italia. Ma già realizzare gasdotti di migliaia di chilometri dovrebbe far inorridire chi tiene veramente all’ambiente. Inoltre non si considera che lungo queste migliaia di chilometri sono necessarie decine di stazioni di pompaggio che disperdono nell’atmosfera metano che, per l’effetto serra, è dieci volte peggio del CO2.
Un altro “giacimento” di metano non viene sfruttato in Italia: il metano presente nel biogas delle discariche, vecchie e nuove. Ad esempio nella città di Catania, provvedendo alla obbligatoria captazione, si ottengono punte di produzione di elettricità di 5 Megawatt, una produzione energetica che potrebbe soddisfare circa 25.000 abitanti, pari al 5% della popolazione dell’intero interland catanese. Un dato notevole, considerando che il governo è entusiasta per aver (solo) previsto la riduzione di consumi energetici del 7%. La captazione elimina pure un gas che provoca incendi ed effetto serra. Ma il metano russo fa bene. Non all’ambiente, ma al TTRRAFFFICO!.