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Tribunale di Napoli: “Minacciare una giornalista della Rai significa minacciare tutta la comunità dei giornalisti”

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Minacciare una giornalista della Rai significa minacciare tutta la comunità dei giornalisti e del servizio pubblico radiotelevisivo. Lo stabilisce il Tribunale di Napoli che ha accolto la costituzione di parte civile dell’UsigRai nel procedimento a carico di due imputati, ritenuti responsabili delle gravi intimidazioni, offese e minacce di morte rivolte alla collega Claudia Marra. Insultata e minacciata di morte sui social a seguito di un servizio giornalistico, la cronista ha denunciato e si è costituita anche personalmente parte civile.

Perché denunciare si deve. Denunciare conviene. Lo dimostra anche la sentenza pronunciata poche settimane fa dal Gup di Palermo nei confronti di chi ha aggredito e derubato l’inviato della Rai Vincenzo Frenda e l’operatore di ripresa Antonino Farina.

Una condanna molto dura, nonostante gli sconti di pena previsti dal rito abbreviato: 2 anni e 8 mesi, e risarcimento danni a favore della Rai.

Ma la vera novità della sentenza è il fatto che il giudice abbia punito il responsabile non solo per rapina, ma anche per interruzione di Pubblico Servizio.

Un precedente di grande importanza perché conferma che aggredire un giornalista, e in particolare un giornalista della Rai, è un un reato contro la collettività perché interrompe l’attività giornalistica della Rai, e un “servizio pubblico essenziale” ai fini dell’esercizio del diritto-dovere di informazione.

La giornalista Claudia Marra e il giornalista Vincenzo Frenda sono stati rappresentati in giudizio dall’avvocato Giulio Vasaturo, che l’Usigrai ringrazia per l’impegno in difesa dell’art.21 della Costituzione.

In forza dei principi ribaditi anche in questa sentenza, il sindacato delle giornaliste e dei giornalisti della Rai continuerà a essere accanto a tutte le croniste e i cronisti minacciati per tutelare il loro diritto/dovere a informare, e il diritto dei cittadini a essere completamente informati.


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