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Valerio Onida, il giurista indomito

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L’addio di Valerio Onida, all’età di ottantasei anni, ci rattrista per vari motivi. Innanzitutto, perdiamo un cultore della Costituzione, un galantuomo e un giurista di prim’ordine che si è sempre battuto in difesa della Carta, dei suoi valori e dei suoi principî. Poi perdiamo un attivista politico, sempre presente e mai domo, in prima fila in tutte le battaglie politiche e civili degli ultimi trent’anni. Infine, perdiamo un punto di riferimento per tutte e tutti coloro che ancora credono in un’altra idea di società e di futuro, in quel mondo diverso, possibile e assolutamente necessario per cui centinaia di migliaia di persone sfilarono in piazza a Genova nel 2001, pagando il prezzo altissimo che ben conosciamo, e per cui oggi manifestano i ragazzi e le ragazze di Greta. A proposito di Genova, come ha ricordato Vittorio Agnoletto, che di Onida è stato profondamente amico, questi non si è mai risparmiato, partecipando a dibattiti e iniziative sul tema e battendosi in prima persona per la presentazione dei ricorsi alla Corte Europea di Strasburgo (CEDU) che ha emesso sentenze durissime contro l’Italia, fino a costringere il Parlamento, nel 2017, ad approvare un sia pur timido reato di tortura.
Valerio Onida ha dedicato alle vittime di quella tragedia il proprio impegno e la propria passione civile, testimoniando ogni giorno quanto fosse importante la forza del diritto da contrapporre al diritto della forza: un’espressione che abbiamo utilizzato spesso e continuiamo a utilizzare, a costo di risultare noiosi, per il semplice motivo che le ragioni per cui non ci rassegniamo al mondo così com’è sono più valide oggi di allora.
Onida è stato un encomiabile giudice costituzionale dal ’96 al 2005, un oppositore non tanto di Berlusconi quanto del berlusconismo e di tutto ciò che esso ha rappresentato e rappresenta tuttora e un attivista sempre presente nelle battaglie che contano davvero, quelle da cui dipende il futuro di un Paese sempre più in difficoltà, sempre più in declino, sempre più incattivito e con istituzioni ridotte in condizioni sempre peggiori. Non ha mai accettato il degrado, non ha mai smesso di dare l’anima per contrastare la decadenza di una società che vedeva drammaticamente compromessa nei suoi fondamenti e non è mai venuto meno al compito di difendere la Costituzione dai molteplici assalti cui è stata sottoposta, ultimo in ordine di tempo il referendum renziano del 2016.

Sarebbe stato un ottimo Presidente della Repubblica, al pari di Rodotà, ma non sorprende che non sia mai stato preso in considerazione il suo nome. Diciamo che è stato persino un bene, perché così lo abbiamo potuto ammirare in trincea, al nostro fianco, in anni e contesti sempre più difficili, mentre prendeva per mano giovanotti che sarebbero potuti essere i suoi figli o nipoti e incoraggiandoli a dare il massimo. Ricordo ancora una mattina di diversi anni fa, quando passeggiamo fianco a fianco per il centro di Roma, a margine di un’iniziativa contro la riforma costituzionale renziana in cui si cercava di ipotizzare una riorganizzazione del Senato che avesse un minimo di senso. Mi ascoltò, ci confrontammo e non mi fece pesare nemmeno per un istante la sua grandezza ed esperienza. Perché Onida era così: umile, attento alle proposte altrui, giovane nell’animo e sempre proiettato verso il futuro. Ci mancheranno, dunque, il suo slancio e il suo coraggio, la sua gentilezza d’animo e la sua forza argomentativa. E il fatto che molte delle persone che stimo maggiormente abbiano in comune, in un modo o nell’altro, l’esperienza di Genova significa che a oltre vent’anni di distanza quella storia non è per nulla finita, al pari degli ideali che abbiamo il dovere di coltivare ancora.

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