Sia il pacifista che l’arrendista vogliono la pace. Ma il primo la cerca tutelando la libertà della nazione lesa. Mentre il secondo pone la resa e la perdita della sovranità di un popolo come prezzo accettabile, pur di giungere alla fine del conflitto. Per l’arrendista, la sopraffazione violenta è un male, ma la resistenza armata peggiora le cose, perché prolunga questo male. La resa va sublimata con la sopravvivenza, anche se dopo arriva una dittatura. Dove comunque i bambini possono giocare e gli adulti pure, purché rimangano bambini e ubbidiscano ai grandi.
E allora nel conflitto russo-ucraino ci mettiamo l’anima in pace con la fornitura di armi agli invasi? No, occorrono anche iniziative diplomatiche, ma vere. Non telefonate a Putin o buffet di parole sparse sul suo tavolone. Occorrono proposte realistiche che tutelino la libertà degli ucraini, a costo di intaccare la loro integrità territoriale e le mire della Nato. Il tutto senza accusare di filo-putinismo chi s’impegna in questo sforzo; né chi sostiene la resistenza ucraina durante le trattative di essere guerrafondaio col pensiero unico sul divano nel coro. E infine, se possibile, lasciando fuori dalle polemiche il papa, riconoscendogli l’immunità profetica.
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