L’estradizione di Julian Assange, il fondatore di Wikileaks in prigione a Londra che negli Stati Uniti rischia una condanna a 175 anni di carcere per aver contribuito a diffondere documenti riservati su crimini di guerra commessi dalla forze americane in Iraq e Afghanistan, sarebbe «un segnale disastroso per tutti gli informatori». Lo affermano sindacati, associazioni internazionali per la libertà di stampa e per i diritti umani che hanno firmato un documento in difesa di Assange pubblicato anche sul sito web della Ifj. Il suo destino è nella mani della ministra degli Interni britannica, Priti Patel, dopo che la Westminster Magistrates’ Court di Londra ha emesso, mercoledì 20 aprile 2022, l’ordine formale di estradizione negli Usa. Contro di lui, tuonano le associazioni, è in atto «una persecuzione, tanto più iniqua perché è lì per dare l’esempio: Julian Assange incarna la minaccia per i nostri leader di essere ritenuti responsabili. Una minaccia che i critici di Assange vorrebbero distruggere, mentre è la garanzia di una democrazia ben funzionante». I firmati del documento rinnovano quindi «con urgenza e insistenza», la richiesta agli Stati Uniti di ritirare la richiesta di estradizione, al Regno Unito di rilasciare Julian Assange e alla Francia di concedergli asilo politico. «Il fondatore di WikiLeaks – evidenziano – è infatti uno di quei “facilitatori” che la direttiva per la protezione degli informatori adottata dall’Unione Europea nel 2019 è arrivata a proteggere e riconoscere: quelle persone che, secondo la legge francese, “aiutano un informatore a fare una segnalazione o divulgazione”». La Francia «ha ampliato le possibilità per gli informatori di divulgare le loro notizie alla stampa. Può allo stesso tempo ignorare la minaccia per la libertà di informazione che si sta concretizzando al di là della Manica?», incalzano i promotori dell’appello, che ricordano il ruolo fondamentale delle segnalazioni dei cosiddetti “whistleblower” nello svelare scandali e sollevare importanti dibattiti su temi di pubblico interesse, consentendo ai cittadini di chiedere regole più eque ed etiche. «WikiLeaks ha fatto tutto questo e ora il suo fondatore si trova sul banco degli imputati. Rimarremmo indifferenti se tali accuse fossero fatte contro le persone che consentono di documentare ciò che sta accadendo oggi in Ucraina o, prima, in Siria?», argomentano la Ifj e le altre associazioni. «Nessuno – incalzano – dovrebbe essere punito per aver difeso l’interesse pubblico. Né Julian Assange né tutti gli informatori che per il forte impatto simbolico di una sua estradizione sarebbero messi a tacere. WikiLeaks, i consorzi di giornalisti, le associazioni e i media indipendenti formano un ecosistema che circonda, sostiene e protegge gli informatori; un ecosistema attraverso il quale non sono più soli e possono far sentire la loro voce nell’interesse di tutti i cittadini. Prendere di mira Assange significa voler dimostrare che è pericoloso denunciare i crimini di Stato, erodendo così una delle principali garanzie democratiche».