Può un essere umano trasformato in macchina da guerra tecnologica rifiutarsi di premere il bottone che ucciderà un essere inerme inquadrato nello schermo di un drone? Secondo George Brant, autore di questo intenso spettacolo, una donna, madre benché Top Gun, può.
Le ragioni di questo rifiuto sono messe a fuoco in un’attenta esplorazione del soggetto in questione, pilota dell’Aeronautica Militare Statunitense, inquisito alla Corte Marziale per non avere eseguito l’ordine di attacco, in una sorta di confessione-arringa a una Corte fantasma, davanti alla quale la “colpevole” si espone in ogni piega del suo cuore pulsante.
Dal blu dei cieli, evocato dall’unico, suggestivo e imponente impianto scenico, una grande piattaforma trapezoidale saliscendi, sormontata da un profilo luminoso che riproduce la forma sottostante, la straordinaria Linda Gennari, tutto il tempo in bilico sulla piattaforma che riproduce la sensazione del volo, forse l’ala di un gigantesco aereo, ci conduce nei meandri della sua vita e della sua anima, tormentata testimone della spietata coesistenza nei Top Gun di amore e morte, del cui lacerante rapporto conflittuale la donna porta i segni.
La pilota si racconta a ritmo serrato, spogliandosi di ogni più piccolo pensiero, dall’orgoglio iniziale di essere quel che è, alla disperazione di non esserlo più, inchiodata a terra dall’amore e da una gravidanza, “grounded”, che vuol dire anche “punita”, seduta in una “poltronautica” su cui si avvicendano i colleghi, come in un qualsiasi turno di lavoro: una pacca sulla spalla e via. Trasformata da libera solcatrice degli amati cieli blu a pilota belligerante di drone, nel suo essere, a questo disagio esistenziale si aggiunge e si accompagna, insinuandosi sottilmente e gradualmente, il disagio di “vedere” ora le sue vittime inquadrate nello schermo, di essere consapevole strumento di morte, confinata nel deserto del Nevada, mentre vive la sua vita con il marito e la figlioletta, all’amore dei quali torna ogni sera dopo avere inflitto lutti e distruzione negli obiettivi di un altro lontanissimo deserto nemico del Medio Oriente. L’occhio del dio drone non perdona. Situazione estrema che condurrà la giovane madre a confondere i piani della realtà e del virtuale, in un esplosivo mix finale da cui non si esce se non inesorabilmente devastati e compromessi.
Un corollario di luci sapienti e la suggestione delle musiche di Andrea Chenna accompagnano il ritmo incessante di un lungo monologo, asciutto, teso, tagliente, senza scorciatoie, dove l’orrore della guerra nel grigio dello schermo si mescola al bianco delle nocche per la tensione del lancio insostenibile di un missile, al rosa del test di gravidanza, in una giostra di colori e forme su cui si impone il timbro possente di una donna forte, che però mentalmente comincia a vacillare di fronte allo stridente contrasto tra ciò che umanamente vive nella vita privata e ciò che fa e vede nel suo disumano lavoro. Le luci accecanti sul pubblico, un terzo grado che non ci assolve, annuncia un finale a sorpresa, dove magicamente assistiamo in uno schermo pacifico a uno scenario di grande tenerezza, ben lontano dalla smania guerresca dei paesi belligeranti.
Le ragioni del suo rifiuto diventano così un piccolo lumicino nella notte, un lieve sussulto di speranza in questa “terra desolata”, dove alla guerra e alla violenza è possibile opporre la gioia degli affetti e del quieto vivere.
Pluripremiato al suo debutto nel 2013 al Fringe Festival di Edimburgo, rappresentato al Gate Theatre a Notthing Hill di Londra, infine a New York, “ Grounded” si è rivelato uno spettacolo di forte e sicuro impatto, reso pienamente dalla eccellente performance della Gennari che, ben diretta e sostenuta dal tessuto drammaturgico curato da Livermore, scolpisce magistralmente il suo complesso personaggio dal corpo nervoso in fuseaux e canottiera, non nella continuamente citata tuta da pilota, scelta registica interessante, regalandoci due ore di buon teatro, quello che fa riflettere ed emozionare, soprattutto nel drammatico momento storico che stiamo vivendo.
GROUNDED
di George Brant
versione italiana Monica Capuani
regia Davide Livermore
con Linda Gennari
musiche Andrea Chenna
scene Davide Livermore e Lorenzo Russo Rainaldi
costumi Mariana Fracasso
produzione Teatro Nazionale di Genova
Al Teatro Verga di Catania fino a Domenica 10 Aprile