Rifugiati, chi sono, dove stanno, cosa fanno. Un popolo in cammino “intercettato” perlopiù dai volontari e che trova grandi difficoltà nell’approccio con i servizi e la burocrazia. Una fotografia nitida e aggiornata dei rifugiati in Italia è contenuta nel Rapporto annuale 2022 del Centro Astalli.
Si tratta di uno strumento “per capire attraverso dati e statistiche quali sono le principali nazionalità dei 17mila rifugiati e richiedenti asilo assistiti nelle diverse sedi territoriali, di cui 10mila a Roma; quali le difficoltà che incontrano nel percorso per il riconoscimento della protezione e per l’accesso all’accoglienza o a percorsi di integrazione”.
Il rapporto si presenta in una’edizione rinnovata in occasione dei 40 anni di attività del Centro Astalli con contenuti ampliati e riorganizzati in una veste grafica nuova. Attraverso i tre verbi che costituiscono la mission del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati, Accompagnare, Servire, Difendere i diritti dei rifugiati.
Il rapporto, presentato al Teatro Argentina, è stato illustrato da alcuni dei protagonisti, con la testimonianza di Duclair, rifugiato del Camerun, e di Olha, fuggita dalla guerra in Ucraina.
A seguire padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, introdotto da Marino Sinibaldi, Presidente del Centro per il Libro e la Lettura del MIC, ha presentato i dati che emergono dal rapporto, che ben raccontano una realtà che, grazie agli oltre 600 volontari che operano nelle sue 8 sedi territoriali (Roma, Bologna, Catania, Grumo Nevano, Palermo, Trento, Vicenza e Padova), si adegua e si adatta ai mutamenti sociali e legislativi di un Paese che fa fatica a dare la dovuta assistenza a chi, in fuga da guerre e persecuzioni, cerca di giungere in Italia.
Gli interventi di S.Em. Cardinal Jean-Claude Hollerich, Presidente della Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea, e Marina Sereni, Vice Ministra del MAECI, hanno sottolineato l’urgenza di avviare processi di pace in Ucraina e in tante altre parti del mondo dove guerre e dittature mettono in fuga miloni di migranti forzati e alimentano la piaga del traffico degli esseri umani.
All’interno della pubblicazione, le foto di Francesco Malavolta che vogliono dare testimonianza di quanti in fuga da guerre e persecuzioni rimangono bloccati alle frontiere europee.
L’evento è stata anche l’occasione per visitare la mostra fotografica “Volti al futuro” realizzata da Malvolta per i 40 anni di attività del Centro Astalli.
Tra gli elementi che emergono dal dossier c’è il fatto che l’accoglienza dei rifugiati in Italia non riesce ad uscire dalla logica dell’emergenza.
Nel 2021 sono stati 67.040 i migranti arrivati in Italia via mare, quasi il doppio rispetto ai 34.154 dell’anno scorso. I minori stranieri non accompagnati sono stati 9.478, a fronte dei 4.687 del 2020.
Ancora oggi circa due migranti su tre sono ospitati nei CAS, i centri di accoglienza straordinaria pensati per far fronte all’arrivo di grandi numeri. Il sistema dell’accoglienza diffusa (SAI), con piccoli numeri e progetti d’integrazione più mirati ai loro ospiti, accoglie solo circa 25.000 persone delle 76.000 presenti nelle strutture convenzionate.Il Centro Astalli, che gestisce sia centri di accoglienza straordinaria (a Trento,Padova, Grumo Nevano – NA) che centri SAI (a Roma, Bologna, Trento, Vicenza,Palermo), per un totale di 1.175 persone accolte nel 2021, auspica che la rete SAI diventi al più presto l’unico sistema di accoglienza per richiedenti e titolari di protezione internazionale, affinché a tutti possa essere garantito un efficace supporto all’integrazione, secondo standard uniformi.
Il perdurare della pandemia aumenta la necessità di un piano organico per l’integrazione. Da anni ci sono numerose sperimentazioni positive del privato sociale, molte delle quali realizzate grazie a fondi europei, ma non si è ancora visto uno sforzo deciso da parte delle istituzioni per ripensare la questione nel suo complesso.Le opportunità di tirocini formativi, previste dal sistema SAI, così come i contributi erogabili nell’ambito di progettualità specifiche, possono fare la differenza per i singoli rifugiati che ne beneficiano, ma restano interventi episodici, che non riescono a incidere sullo scenario generale. La questione dell’inserimento nel mondo del lavoro e dell’effettiva esigibilità dei diritti sociali, specialmente nel primo periodo di permanenza in Italia, non può essere risolta soltanto dal Terzo Settore.
In un contesto in cui trovare casa è complicatissimo a causa della crisi e il mercato immobiliare è pressoché inaccessibile per i rifugiati, anche persone che possono contare su un reddito devono ricorrere a soluzioni di fortuna: subaffitti, affitti in nero, senza alcuna garanzia o occupazioni.
Nel 2021 il Centro Astalli, anche attraverso progetti di accompagnamento specifici, ha cercato di sostenere concretamente il difficile percorso verso l’autonomia dei titolari di protezione internazionale. Particolarmente critica è la situazione dei nuclei familiari numerosi e di quelli monoparentali.
Le persone in situazioni di particolare fragilità – vittime di tortura, violenza intenzionale o abusi sessuali – che nel corso dell’anno sono state accompagnate dal Centro Astalli attraverso l’azione coordinata del servizio medico e dello sportello legale sono state numerose.
Quasi tutte le donne seguite dal servizio di ginecologia (213 nel 2021) hanno subito torture, violenza di genere o abusi, nei Paesi di origine o durante i viaggi. Le vittime di tortura che si sono sottoposte a una visita per il rilascio del certificato medicolegale da presentare alla Commissione Territoriale sono state 334, in prevalenza uomini ma con una percentuale di donne in aumento (il 32% del totale), provenienti soprattutto da Nigeria, Senegal ed Eritrea.
Spesso il disagio di queste persone, che fatica sempre più a emergere nelle prime fasi dell’arrivo, esplode più tardi: nei centri di accoglienza in convenzione con il SAI la percentuale di rifugiati vulnerabili è in aumento (37% sono vittime di tortura e violenza): lavorare su percorsi di integrazione quando è venuta meno una presa in carico tempestiva della vulnerabilità rappresenta un aggravio molto serio sulla riuscita dei percorsi di autonomia.
Una sottolineatura doverosa riguarda coloro che hanno vissuto l’esperienza del carcere in Libia: in modo pressoché unanime raccontano di abusi, violenze e persecuzioni.
Nel 2021 si sono aggiunti a loro i migranti che sono riusciti ad arrivare in Italia passando dai Balcani e che raccontano di percosse e violenze da parte di forze dell’ordine nel tentativo di respingerli.