Caro presidente Macron, lei aveva scelto come slogan “Avec vous”, “Con voi”, e adesso “Nous tous”, “Noi tutti”, intendendo sicuramente i cittadini francesi ma, forse, anche in parte noi europei. Perché la Francia, come lei ben sa, non è un paese qualsiasi ma uno degli stati fondatori della Comunità europea, un caposaldo dell’Unione e un punto di riferimento per il resto del mondo, soprattutto in una fase storica incerta e controversa come quella che stiamo attraversando. Ebbene, mi permetta un consiglio non richiesto: si guardi intorno. Ascolti un po’ meno coloro che vorrebbero che continuasse lungo la strada seguita sinora: non possiamo permetterci una vittoria della sua avversaria, almeno non nel nel mezzo di una guerra sanguinosa, non con una crisi geo-politica di queste dimensioni, non nel momento in cui qualche analista parla, forse con eccessiva disinvoltura, persino di Terza guerra mondiale.
Per vincere al ballottaggio del prossimo 24 aprile, tuttavia, lei deve prendere atto che ha sbagliato parecchie mosse in questi anni. Innanzitutto, dà l’impressione di essere un uomo d’élite, disattento alle esigenze dei ceti sociali più deboli, perfetto per quei pochi settori della società che parlano le lingue e viaggiano in giro per il mondo ma del tutto inadeguato per i dannati della globalizzazione, per i più deboli, per gli ultimi e per chi non ce la fa e non può affrontare ulteriori sacrifici, dato che prima della fine del mondo queste persone sono costrette a preoccuparsi della fine del mese. Globalizzazione, ecco la parola cardine del ragionamento. Caro Macron, lei nel 2001 aveva la stessa età di molte delle ragazze e dei ragazzi che manifestarono a Genova contro gli otto sedicenti grandi, intenti a portare avanti un modello economico e di sviluppo del tutto errato, iniquo e pericoloso, foriero, negli ultimi due decenni, di conflitti e crisi in sequenza, a cominciare da quella che nel biennio 2007-2008 ha condotto al collasso il modello liberista, mostrandone la barbarie e l’inadeguatezza ma non inducendo alcun governo occidentale a invertire la rotta. Non a caso, Jean-Luc Mélenchon ha scelto come slogan della sua campagna elettorale “Un autre monde est possible”, “Un altro mondo è possibile”.
Ebbene, era lo slogan di chi si opponeva a quella globalizzazione deleteria che lei stesso sostiene. E non a caso, attrae moltissimi ragazzi e ragazze che oggi manifestano contro i cambiamenti climatici, che in America appoggiano Sanders e in Inghilterra abbracciano Corbyn. È l’idea che si possa e si debba vivere diversamente, che si debba consumare in maniera differente e rispettando il pianeta, che debba esserci posto per tutti, che debbano essere sconfitte le disuguaglianze e che si debba rifondare l’Europa su una visione solidale e comunitaria; insomma, caro Macron, è un’idea di società radicalmente opposta alla sua e, se lo lasci dire, sulla base di questi presupposti non sarà semplicissimo per una persona di sinistra sostenerla. Lo faremo perché conosciamo il profilo della sua avversaria, perché siamo contrari alle sue idee, perché la riteniamo un danno per il nostro stare insieme, perché non vogliamo alimentare la barbarie, dato che già ne respiriamo troppa intorno a noi, e perché sappiamo che lei, tutto sommato, condivide il desiderio di rafforzare la nostra casa comune, anche se l’orizzonte che si pone non va al di là delle sue ambizioni personali. Ma dopo sappia che o cambia in maniera netta o passerà alla storia come il presidente che ha condotto la Francia fra le braccia dei fascisti, oltre l’abisso, in una crisi sistemica e complessiva senza precedenti, peraltro già in atto da tempo e che forse solo in extremis sarà possibile, per l’ultima volta, arginare.
Quanto ai commentatori italiani che la esortano a essere ancora più arrogante, ancora più liberista, ancora più menefreghista nei confronti di ogni istanza sociale, ancora più presuntuoso e ancora più attento alle esigenze dei ricchi e della destra, con ogni evidenza, sono assai poco interessati alle vicende francesi e molto alle poltrone su cui sono seduti, senza rendersi conto che stanno facendo tutto ciò che è in loro potere per spianare la strada ai populisti e ai nazionalisti di casa nostra, dato che la situazione economica e sociale dell’Italia è, se possibile, addirittura peggiore di quella d’oltralpe.
Caro Macron, lei finora si è salvato perché il fronte repubblicano ha retto, perché la maggioranza dei francesi non si è voluta imbarcare in avventure che potrebbero essere senza ritorno e perché, tutto sommato, ha la fortuna di essere alla guida di un Paese benestante e con una certa credibilità internazionale. Sappia, tuttavia, che sta intaccando le ultime riserve e che quel sogno nato fra Seattle e Genova, barbaramente massacrato nel nostro Paese, esiste, resiste e durerà per sempre, almeno fino a quando l’aspirazione a un mondo più umano, più libero e in cui non esistano disparità che gridano vendetta non sarà stata, per quanto possibile, realizzata. Lei il 24 aprile potrà vincere ancora, ce lo auguriamo di cuore, ma non convincerà. O parte da questo presupposto o, comunque vada, sarà uno sconfitto. E una Le Pen oltre quota 40 per cento sappia che avrà vinto, nonostante tutto, perché avrà dimostrato che ormai le fondamenta della nostra democrazia sono gravemente malate e a rischio crollo. A questo punta, assai più che a governare. Per questo, oltre a essere sconfitta, bisogna fare in modo che si prosciughi lo stagno in cui nuota a meraviglia, alimentato dall’acqua putrida che le sue politiche insensate hanno immesso per anni. Speriamo solo che i francesi siano arrabbiati, ma non al punto di decidere di suicidarsi.
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