Le donne con disabilità non sono, per lo più, trattate come vere donne. La loro voce, spesso soffocata dal clamore di cronache comuni, si perde nella retorica confusa degli appelli di circostanza e delle giornate a loro dedicate. Le problematiche, di fatto, sono spesso sottaciute o sottovalutate ma i dati legati alla violenza sessuale, vertiginosamente aumentati dopo la pandemia, dovrebbero farci riflettere.
Non il disabile ma la “persona disabile”
Anna Gioria, blogger del Corriere della Sera, una paralisi motoria e due lauree, porta avanti da oltre 50 anni la sua personale battaglia per l’autonomia e si batte per i diritti delle persone con disabilità
“Mostratevi, chiedete, fatevi valere!”. Con queste parole Anna sprona le donne disabili, soprattutto quelle più giovani, ad andare avanti superando tutti i limiti superabili. E spiega: “Tutto parte dai termini che usiamo. Nel linguaggio comune tendiamo a parlare di disabili e già questo è un errore. I disabili sono prima di tutto persone e la loro disabilità non li rende persone di serie B. La battaglia per i diritti non può prescindere quella linguistica. Prima di tutto siamo persone!
La doppia discriminazione e la cura dei talenti
La donna con disabile è soggetta ad una doppia discriminazione, quella di genere e quella legata alla sua condizione personale di disabilità. Emarginata, lasciata sola e penalizzata in molti aspetti della vita. Studiare, curarsi ed avere una relazione con un uomo non sono cose scontate. Al contrario, alcuni studi rivelano che gli uomini con disabilità, a differenza delle donne, riescono a laurearsi, sposarsi e ricevere incarichi di maggior considerazione. Si tratta di un problema culturale che deve essere affrontato con una certa urgenza perché, queste persone, sono sempre più spinte verso i margini e tutta l’azione per la loro tutela si sostanzia spesso in mero assistenzialismo. Non basta garantire la rimozione delle barriere architettoniche ma serve un processo di integrazione sostanziale che permetta lo sviluppo dei talenti. Si pensi alla storia umana e professionale di Bebe Vio. Tenace, determinata e forte ha saputo trasformare le sue fragilità in energia ed entusiasmo.
La sensualità negata e la violenza sessuale
“Le donne con disabilità sono prima di tutto donne anche se vengono considerate come un mondo a parte – afferma Gioria – Il paradosso è che non sono viste come oggetto del desiderio o di libido eppure, il numero di casi di violenza sessuale ai loro danni, non sono è altissimo ma è anche aumentato durante e dopo la pandemia. Si è passati, infatti, dal 36% al 60%”. Il fenomeno, spesso diffuso in ambito familiare o all’interno delle strutture in cui queste persone sono ospiti dovrebbe allarmare. “Le donne con disabilità sono prede più facili, perché vulnerabili. Spesso, chi commette la violenza, non solo è qualcuno a loro vicino, ma è colui che le accudisce. – precisa Gioria – non sempre si denuncia perché tra vittima e aggressore si instaura un rapporto di totale dipendenza e per questo la donna si sente quasi in debito”.
Come fare per sottrarre le donne con disabilità alla doppia violenza?
“Si parte dall’educazione sessuale e dalla cura ginecologica. In Italia esistono pochissime strutture ginecologiche pienamente accessibili – precisa Anna – e spesso le donne con disabilità sono del tutto disinformate in merito al tema della sessualità. Questo le rende ancora più fragili e vulnerabili. – E conclude – servirebbe una nuova sensibilità tale da consentire l’abbattimento di tutte le barriere, non solo quelle architettoniche”.