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Guerra Ucraina. Il livello della disumanità cresce nella irrazionalità imperversante

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Fiumi di parole, inondazione di immagini per documentare e descrivere la guerra come dramma assoluto. Ricordiamo le parole di condanna di papa Francesco e di Gino Strada, i reportage quotidiani di Francesca Mannocchi che sono veritieri nella loro crudeltà e umanità perché lei ha sempre la capacità di far parlare persone ed eventi e non se stessa. Ricordo che tanti anni fa a Salvador il teologo della Liberazione padre Jon Sobrino mi raccomandava di guardare sempre, in ogni situazione di oppressione e violenza, alle vittime, di guardare i loro volti. Questo sguardo rimane fondamentale per vivere la sincera compassione e non voltarsi mai dall’altra parte.

Le vittime sono sempre terribilmente vittime e portano a pensare che i carnefici “non sanno quello che fanno” pur pretendendo di saperlo e di eseguirlo perfettamente. Le vittime, tante da non riuscire a contare a cominciare dai molti bambini, a chi decide e attua la guerra non importano perché sono solo numeri da calcolare in modo approssimativo. Conta aggredire, invadere, vincere, come intende Putin.

Padre Ernesto Balducci, profeta della pace, condannato nell’aprile 1963 a otto mesi con la condizionale dal Tribunale di Firenze per aver difeso l’obiettore di coscienza Giuseppe Gozzini, parlava dell’irrazionalità totale della guerra, prima di evocare motivazioni evangeliche e spirituali, proprio per la sua mancanza di una minima umanità. Questa situazione che si sta vivendo ha fatto esplodere il vulcano della irrazionalità nel quale da tempo le dimensioni costitutive si stavano consolidando.

Massimo Recalcati si unisce a questa riflessione di Balducci e ci ricorda che la violenza è sempre cieca come la guerra che la ispira e che una motivazione di fondo è l’infatuazione narcisistica per se stessi, per la propria visione del mondo, per cui tutto ciò che è altro da sé minaccia di morte la propria esistenza e quella del proprio paese a propria immagine e somiglianza. E’ come assimilarsi a una divinità che considera necessaria l’operazione politica da attuare. Non a caso Hannah Arendt considerava ogni ideologia portatrice di violenza in quanto insensibile alle sorti della vita reale degli esseri umani.

Assolutismo del potere, armi, morti, feriti, distruzioni, caos anche rispetto ai corridoi umanitari promessi e poi contrastati, in questa nube dell’irrazionalità che tutto avvolge come il rischio di far esplodere le centrali nucleari, è doveroso ritrovare le dimensioni costitutive della razionalità umana e umanizzatrice, di riaffermarle, di ribadirle. Ora tutti sono per la pace, ci sono grandi manifestazioni -e ci mancherebbe non fosse così – ma non basta se non ci sarà una continuità quotidiana.

Non è credibile dire pace e non riformare l’ONU, per cui non sembrino più retorica le affermazioni delle sue premesse, per cui le generazioni future non avrebbero più visto le guerre. Non si potrà dire pace se il Consiglio di Presidenza dell’ONU e tutto l’ONU non saranno radicalmente riformati e se le forze minime di interposizione previste non potranno agire perché soverchiate da superpotenze militari spaventose come per la guerra del Golfo.

Lo si diceva da tempo che la politica aveva cancellato dalla sua agenda la questione della pace. Non sarà più credibile una politica che parla di pace e mai dibatte in Parlamento sulla pace, sulla guerra, sulle armi, anzi sorvolando distrattamente l’art. 11, contravvenendo alle leggi in atto che vietano la vendita di armi a regimi come l’Egitto dove è stato torturato e ucciso Giulio Regeni per il quale continuiamo a chiedere verità e giustizia. Direte pure pace ma non vi crederemo perché nelle vostre parole non c’è coraggio e passione, convinzione e determinazione.

Certo, è doveroso accogliere le persone in fuga e anche il Centro Balducci ha dichiarato la sua disponibilità come cerca di fare da 34 anni, ma è veramente disdicevole, vergognoso e disumano fare differenze fra le guerre e i profughi da accogliere dimenticando con totale disumanità i drammi del Mediterraneo e quelli dell’inferno della rotta balcanica. Chiediamo a ciascuna e a ciascuno di noi il vincolo etico della coerenza e non diciamo più pace se non cooperiamo per la pace giorno dopo giorno costruendo cultura, etica, politica, esperienze. La pace è il progetto di una nuova società e di un nuovo mondo: giustizia, uguaglianza, lavoro per tutti, diritti umani, custodia della casa comune.

Questa guerra ripropone all’attenzione la presenza delle armi atomiche ad Aviano e a Ghedi. Da diversi anni con determinazione un gruppo di persone ha riproposto l’esperienza della Via Crucis Pordenone-Aviano, ignorata dalle chiese locali perché considerata politica. Le armi atomiche sono state definite “delitto contro Dio e contro l’umanità” e Papa Francesco ha dichiarato che è immorale non solo l’uso ma anche il loro possesso. Come accadde anni fa, anche in questi giorni gruppi di persone hanno sostato davanti alla base per fotografare, filmare, applaudire i cacciabombardieri che si alzano in volo. Le loro bombe uccideranno qualcuno ma questo non importa, se poi sono considerati nemici importa meno ancora.

Il livello della disumanità cresce nella irrazionalità imperversante. E’ importante certo pregare per la pace ma non è sufficiente, anzi la preghiera migliore è quella che coinvolge, appena terminata, nell’impegno concreto a costruire la pace. Sarebbe importante che tutte le chiese d’Europa, come tanti anni fa s’impegnarono per la giustizia, la pace, la salvaguardia del creato, si facessero sentire con forza profetica e con gesti coraggiosi, senza tentennamenti. La grande questione della pace, la questione dell’umanità ci interpella ogni giorno. Siamo chiamati a rispondere con responsabilità e continuità.


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