Un otto marzo di resistenza e di militanza.Quest’anno il Sindacato giornalisti Veneto lo dedica ad Anna Politkovskaja, la cronista russa della Novaja Gazeta uccisa nel 2006 per il suo impegno a difesa della libertà di stampa e contro tutte le guerre. Informazione indipendente e verificata sul campo, questo era lo stile della giornalista che pagò con la vita il suo grande lavoro nel documentare il conflitto armato in Cecenia, senza sconti circa le responsabilità dei vertici militari e politici della Russia, allora come oggi nelle mani di Vladimir Putin.
Nella Giornata internazionale della donna,Sgv ricorda la collega, nata da genitori ucraini, come simbolo del diritto/dovere civile di informare in maniera corretta e professionale: informazione che ora più che mai nel tragico scenario bellico che sta sconvolgendo non solo l’Ucraina, ma l’intera Europa, è presidio di democrazia e inclusione.
Era il 7 ottobre di 16 anni fa quando Politkovskaja venne freddata con cinque colpi di pistola nell’ascensore di casa a Mosca. Ancora senza nome i killer della cronista. La polizia russa, subito dopo l’assassinio, si premurò di sequestrare il suo computer contenete la documentazione per un reportage sulle torture commesse dalle forze di sicurezza cecene, nuovo capitolo di un lavoro basato sul rigore nell’uso delle fonti e su un linguaggio chiaro e senza fronzoli che consentisse ai lettori di comprendere quanto stesse accadendo tanto sul versante ceceno, quanto su quello russo. Quell’omicidio, che ancora reclama giustizia, è stato l’atroce epilogo di anni di minacce e intimidazioni per tacitare lei e la Novaja Gazeta, il cui caporedattore Dmitry Muratov ha ricevuto nel 2021 il Nobel per la pace, riconoscendo al quotidiano di essere «il giornale più indipendente in Russia, con un atteggiamento fondamentalmente critico nei confronti del potere».
E il tema dell’indipendenza della stampa è ovunque cruciale, mentre la guerra si dispiega, tra censure e autocensure. Dopo la legge bavaglio varata dal parlamento russo che prevede fino a 15 anni di carcere per i cronisti che si discostano dalle versioni ufficiali, molte testate europee (tra cui la Rai e l’Ansa) hanno deciso di chiudere i propri uffici di corrispondenza da Mosca. L’abbandono del campo fa calare sulla Russia un buio che rischia di oscurare, anzitutto, le voci di dissenso, quelle contro la guerra e le armi e a favore della pace e del dialogo, quelle contro l’aggressione all’Ucraina, quelle che pagano con l’arresto la partecipazioni ai cortei contro Putin, quelle delle femministe che si sono unite sottoscrivendo un appello contro l’occupazione e la guerra in Ucraina.
È necessario sostenere ovunque l’indipendenza dei media e garantire la sicurezza e la libertà di lavoro ai giornalisti che, su tutti i fronti, stanno cercando di raccontare quanto sta avvenendo, dagli eventi bellici all’emergenza umanitaria provocata dal conflitto.
Sgv aderisce, sulla scia della Fnsi alla mobilitazione promossa dalle Federazioni internazionale ed europea per contribuire ad assicurare forniture mediche ed equipaggiamenti di sicurezza ai colleghi impegnati a raccontare il conflitto, garantire vie di fuga sicure ai reporter in pericolo e supporto ai media indipendenti.