Chi da qualche anno ha i capelli bianchi, può ricordare che da bambino vedeva i suoi genitori ascoltare Radio Londra da un apparecchio grande come un comodino, tenuto a bassissimo volume per paura dei vicini: era, infatti, proibito “prendere” Radio Londra perché sulla guerra in corso (prima metà degli anni Quaranta) dava notizie molto più attendibili di quelle propagandistiche che trasmetteva la radio di Stato. Rispetto agli altri italiani, i romani erano poi avvantaggiati, quanto a informazione, perché potevano comprare all’edicola L’Osservatore romano, quotidiano della Santa Sede, l’unico giornale che la censura fascista non aveva potuto zittire, come aveva fatto con tutti gli altri. La prima cosa che i regimi aboliscono è la libertà di stampa.
Questo succedeva ottant’anni fa, e oggi rischiamo di tornare a quell’epoca: è recente la notizia che l’inglese BBC ha ritirato dalla Russia tutti suoi giornalisti che con i reportages televisivi hanno finora documentato tutti i giorni la situazione seguita all’attacco contro l’Ucraina: troppo pericolosa la minaccia delle autorità russe di arrestare e condannare anche a 15 anni di galera chi diffonde notizie non gradite al regime. Senza giornalisti televisivi, la BBC ripiegherà sulla radio, quella Radio Londra che durante la seconda guerra mondiale informava gli antifascisti. Stesso provvedimento ha preso la Rai, per le stesse ragioni: ha richiamato i suoi inviati televisivi ma continuerà ad informare con la radio, che così tornerà all’importanza che merita, non più la cenerentola surclassata dalla televisione. Ai russi, come agli italiani di allora, rimane la radio (e la tv) di Stato con i suoi notiziari imbeccati dal governo.
E gli italiani di oggi? Neanche in questa tragica occasione hanno rinunciato a dividersi. A quanti (e grazie a Dio sono la maggioranza) giustamente si indignano per l’invasione russa dell’Ucraina, si oppongono pochi ma irriducibili contestatori secondo i quali i responsabili di quanto sta accadendo sono altri: l’Europa, la Nato, gli Stati Uniti. Con la stessa pertinacia con la quale i no-vax sostengono che è stato il governo a perseguitare i cittadini e non il virus, questi no-war si dicono convinti che Putin è vittima di un sopruso, che la Russia in pericolo ha reagito contro un nemico che minacciava di invaderla, e che l’Ucraina non ha il diritto di esistere come Stato sovrano, essendo tutt’al più una provincia russa.
Come ieri è stato duro tentare di convincere i no-vax a temere più il coronavirus che il vaccino, così oggi non sarà facile confrontarsi con chi sostiene che se i carri armati intorno a Kiev sono russi e non americani è un particolare trascurabile, e che in fondo gli ucraini (e con loro il mondo intero) se la sono voluta (come le ragazze in minigonna vittime di stupri), e che solo prendendo per buone le ragioni di Putin, compresa la minaccia di usare armi nucleari, si può uscire dalla crisi.
Purtroppo, non c’è un vaccino contro la protervia, ma se ci fosse questi putiniani dell’ultim’ora sicuramente non se lo farebbero inoculare (soprattutto se di produzione americana).