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Russia: il Manifesto della Resistenza femminista contro la guerra

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Il 24 febbraio, intorno alle 5:30 ora di Mosca, il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato un’“operazione speciale” sul territorio dell’Ucraina al fine di “denazificare” e “smilitarizzare” il Paese. Questa operazione era in preparazione da tempo. Da mesi le truppe russe si muovevano lungo il confine con l’Ucraina. Nel frattempo, le autorità del nostro Paese negavano ogni possibilità di attacco militare. Ma ora è evidente che stavano mentendo.

La Russia ha dichiarato guerra al suo vicino, al quale non ha concesso il diritto all’autodeterminazione né alcuna speranza di una vita pacifica. Dichiariamo ancora una volta che la guerra condotta negli ultimi otto anni avviene su iniziativa del governo russo e che il conflitto nel Donbas è una conseguenza dell’annessione illegale della Crimea.

Crediamo che la Russia e il suo presidente non siano ora e non siano mai stati preoccupati per il destino delle persone a Lugansk e Donetsk, mentre il riconoscimento delle repubbliche dopo otto anni è stato solo un pretesto per un’invasione dell’Ucraina mascherata da fini di liberazione.

Il femminismo come forza politica non può stare dalla parte della guerra, in particolare una guerra di occupazione. Il femminismo lotta per lo sviluppo della società, per il supporto a chi si trova in condizione di vulnerabilità, per la moltiplicazione di opportunità e prospettive, nonché perché ci sia meno violenza e perché le persone coesistano in pace tra loro.

Guerra significa violenza, povertà, migrazione forzata, vite spezzate, insicurezza e mancanza di prospettive future. La guerra esacerba la disuguaglianza di genere e può danneggiare le conquiste raggiunte nel corso di molti anni nel campo dei diritti umani. La guerra porta con sé non solo la violenza fisica, ma anche quella sessuale: come dimostra la storia, durante la guerra il rischio di essere stuprata aumenta di molto per qualsiasi donna. Per questi e molti altri motivi, le femministe russe e coloro che condividono una visione femminista devono prendere una posizione forte contro questa guerra scatenata dalla leadership del nostro Paese.

La guerra in corso, come dimostra il discorso di Putin, viene combattuta all’insegna dei “valori tradizionali” sostenuti dagli ideologi del governo, valori che la Russia pare aver deciso di promuovere in tutto il mondo come una sorta di missione, usando la violenza contro coloro che rifiutano di accettarli o che esprimano altri punti di vista. Chiunque sia capace di pensiero critico comprende bene che questi “valori tradizionali” includono lo sfruttamento delle donne e la lotta contro coloro il cui stile di vita, auto-identificazione e attività escono dai limiti dei ristretti canoni patriarcali.

La giustificazione dell’occupazione di uno Stato vicino con il desiderio di portare in esso il proprio canone tanto distorto e una “liberazione” demagogica è ancora un altro motivo per cui le femministe di tutta la Russia devono opporsi a questa guerra con tutta la loro forza. Oggi le femministe sono una delle poche forze politiche attive in Russia. Per molto tempo le autorità russe non ci hanno percepito come un movimento politico pericoloso, e quindi siamo state temporaneamente meno colpite dalla repressione statale rispetto ad altri. Oltre quarantacinque diversi gruppi femministi operano in tutto il Paese, da Kaliningrad a Vladivostok.

Chiediamo ai gruppi femministi russi e alle singole femministe di unirsi alla Resistenza femminista contro la guerra e unire le forze per opporsi attivamente alla guerra e al governo che l’ha iniziata. Siamo tante e insieme potremo fare molto: negli ultimi dieci anni, il movimento femminista ha acquisito un’enorme potenza mediatica e culturale. È tempo di trasformarla in potere politico. Siamo l’opposizione alla guerra, al patriarcato, all’autoritarismo e al militarismo. Siamo il futuro, e vinceremo.

 

Fonte: https://t.me/femagainstwar 

Il post sul blog di NON UNA DI MENO (con l’originale in russo)

Tradotto dall’inglese da Non una di meno Trieste, con revisione dal russo di Martina Napolitano
(Foto AdnKronos)


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