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Ucraina: una crisi che viene da lontano

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Sono oltre 42 milioni gli abitanti dell’Ucraina, sparsi su una superficie pari al doppio dell’Italia. Meno se si esclude il territorio della Crimea annessa alla Russia nel 2014.

L’Ucraina, la cui capitale è Kiev, ha un importante sbocco sul Mar Nero, ma anche sul mar d’Azov, oltre a confinare con Bielorussia, Russia, Polonia, Slovacchia, Ungheria, Romania e Moldavia. Si parla l’ucraino ma anche russo, soprattutto nelle regioni orientali e in Crimea dove è altresì presente la lingua tartara. La maggior parte della popolazione è bilingue e, nelle zone a sud-est, il russo continua a essere la prima lingua. 

Il governo ucraino non ha mai riconosciuto l’annessione alla Russia della Crimea e la considera territorio temporaneamente occupato. Crimea che, nel marzo 2014, si era unilateralmente dichiarata indipendente. Così come, ad aprile dello stesso anno, il territorio del Donbass in cui sono da allora presenti le autoproclamate Repubblica Popolare di Doneck e Repubblica Popolare di Lugansk, disconosciute da Kiev.

Ma prima, nel febbraio 2014, il popolo ucraino aveva rovesciato il governo filorusso di Viktor Yanukovich, instaurando un governo ad interim filoeuropeo non riconosciuto da Mosca, la quale ha poi annesso la Crimea incoraggiando così anche i separatisti filorussi del Donbass. Subito dopo, a giugno 2014, l’allora presidente ucraino Petro Porošenko  aveva firmato un accordo di associazione alla UE, manifestando una volontà di perseguire una politica filoeuropea continuata anche da Volodymyr Zelensky, l’attuale presidente.

L’Ucraina, etimologicamente “terra al confine o di mezzo” (come di fatto è adesso, sospesa fra UE e Russia) è infatti una repubblica semipresidenziale. Il Presidente, che ha il ruolo formale di Capo dello Stato, è eletto direttamente dal popolo e resta in carica cinque anni.

Fino al 1991 l’Ucraina faceva parte dell’Unione Sovietica e la lingua ufficiale era il russo. Dopo il crollo dell’Urss (il 26 dicembre 1991 l’Unione Sovietica si dissolse in quindici Stati post-sovietici) l’Ucraina divenne indipendente. la Russia ha sempre considerato l’Ucraina una perdita dolorosa come se, su di essa, ci fosse una specie di “diritto storico”, anche perché nel territorio ucraino “ci sarebbe” la Crimea. E la Crimea era russa. Solo nel 1954 Krusciov, a capo dell’Unione Sovietica, per motivi di politica interna la donò all’Ucraina, ma sempre all’interno dell’Urss.

Peraltro – concentrati in una posizione strategica dal punto di vista economico e geopolitico – ci sono circa 2200 chilometri di confine tra i due paesi. Mentre oggi solo il 6% di tutti i confini russi si trovano adiacenti a Paesi Nato.

Dunque è proprio il possibile ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza Atlantica – oltre ai suoi governi non più filorussi, ma pro NATO e UE – a preoccupare e a far mobilitare Mosca che teme “un accerchiamento strategico” con possibili missili “ostili” a ridosso di un confine molto più largo.

Già tra il 1997 e il 2004 l’Ue festeggiò l’allargamento della Nato (e della sua sfera d’azione) a ben dieci nazioni, di cui quattro (Repubblica Ceca, Polonia, Slovacchia, Ungheria) ex membri del Patto di Varsavia e tre (Estonia, Lituania, Lettonia) fino al 1991 parte integrante dell’Urss. Nel 1990, con l’unificazione della Germania, anche la ex-DDR era entrata di fatto nella Nato.

Dunque si era già creata una maggiore zona di influenza occidentale in quella parte d’Europa. E dal 2014, con i suoi governi filoeuropei, anche l’Ucraina si è aggiunta a quella sfera di influenza. Indipendentemente dal suo ingresso o meno nella Nato che comunque, allo stato attuale, non sembrerebbe all’ordine del giorno.

Il Cremlino ora immagina di tornare ad avere la sua sfera d’influenza nell’area a lei confinante. E chiede alla Nato di rinunciare alle sue attività nell’Est Europa, con il ritorno, in pratica, alla situazione precedente all’allargamento della stessa Nato, la quale – secondo le richieste – oltre ad escludere l’ingresso dell’Ucraina, dovrebbe ritirarsi dalla Polonia e dalle tre Repubbliche baltiche, oltre a smantellare i suoi missili da Polonia e Romania.

La Russia avvalorerebbe la richiesta citando un accordo, mai scritto – dunque un gentlemen’s agreement che, tra l’altro genera inevitabili interpretazioni – tra George Bush senior e Gorbaciov nel summit di Malta del 2-3 dicembre 1989. I due statisti giunsero ad un accordo, cosiddetto accordo di Malta, che prevedeva la rinuncia, da parte dell’Unione Sovietica, ad ogni intervento a sostegno dei sistemi comunisti dell’Est ormai in discioglimento; mentre gli Stati Uniti avrebbero evitato di trarre vantaggio strategico dagli sviluppi politici che si sarebbero configurati in quell’area per effetto della non ingerenza sovietica prevista dall’accordo stesso.

Un accordo, mai formalizzato, che infatti non è mai stato rispettato da ambo le parti.


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