Si sa, le cerimonie per dare dei riconoscimenti postumi sono inevitabilmente tristi, perché ti sbattono in faccia domande inutilmente dolorose: perché si trovava proprio lì? si poteva evitare? abbiamo fatto abbastanza per la vittima? Ma la decisione dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia – in concerto con il sindacato – di dare la tessera ad honorem a Andy proprio in questo momento storico permette di rispondere a tutte queste domande.
Sì, il fotoreporter Andrea Rocchelli e il suo amico e traduttore Andrej Mironov erano nel posto giusto. Raccontavano una guerra sporca, fatta di eserciti e milizie, di estremisti nazionalisti e di famiglie che si nascondevano nelle cantine.
Si poteva evitare? Da molti anni non c’è più la demarcazione del fronte come nelle guerre del passato: un’ex fabbrica, un boschetto, un’antenna televisiva, gente in divisa, milizie in borghese, armi pesanti, tutto è confuso, incerto, rischioso.
È stato fatto abbastanza per la vittima? Insomma… Quand’era in vita non aveva la tessera da giornalista eppure faceva il fotoreporter. E lo faceva bene. Peccato che i giornali lo pagassero una miseria. “Andy era uno dei tanti invisibili – ammette Riccardo Sorrentino – che l’Ordine non riesce ancora a rintracciare”. Si avvicina, con il garbo che la contraddistingue, Elisa, la mamma di Andy e aggiunge: “speriamo che questa tessera rappresenti anche un impegno a combattere l’impunità per chi uccide i giornalisti”. Perché questo è, in fondo, il messaggio più forte che l’iniziativa dell’Ordine lombardo implicitamente manda: “questa tessera è un rilancio – dice Beppe Giulietti, presidente della Fnsi – significa schierarsi al fianco dei Rocchelli, prendere le inchieste giornalistiche di Rainews24 che svelano nuovi particolari sul suo omicidio e portarle alle più alte autorità italiane perché chiedano all’Ucraina di dire finalmente la verità”.