Birmania, a un anno dal criminale colpo di Stato

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Oggi, 1° febbraio, i media saranno pieni di dichiarazioni di condanna per i crimini di guerra e contro l’umanità,
commessi dalla giunta militare birmana, dopo il colpo di stato militare del 1° febbraio 2021.
Non c’è più tempo da perdere. E’ ora di assumere decisioni forti sul piano diplomatico, politico ed economico.
Basta attendismi. I governi del mondo, l’Italia e la UE hanno la responsabilità di fermare la catastrofe umanitaria,
sociale ed economica prodotta dal colpo di Stato. Lo possono e devono fare ora.
I dati nelle mani delle istituzioni internazionali e dei governi non lasciano altre via di uscita.
Dall’inizio del golpe militare ad oggi, si contano: 1.503 civili uccisi, torturati fino alla morte, altri bruciati vivi, oltre
11.800 civili arrestati, decine di villaggi bombardati e distrutti, compresi i luoghi di culto; 1.600.000 posti di lavoro
persi. A causa dei bombardamenti e degli attacchi militari, vi sono oltre 800.000 nuovi rifugiati interni con un
aumento del 27% solo nell’ultimo mese.
Nonostante la risoluzione ONU sull’ embargo delle armi, Cina, Russia e molti altri paesi continuano a foraggiare
l’esercito con armi, elicotteri, aerei militari, mentre una nave cargo russa e aerei iraniani hanno scaricato nelle
settimane scorse, carri armati e artiglieria pesante, armi e munizioni.
L’inflazione è al 60%. L’economia è crollata. Gli esperti prevedono un aumento del commercio illegale e una crescita
zero nel 2022.
Nel corso di questo anno i militari e le loro imprese hanno continuato ad incamerare i profitti delle attività legate
alle loro holding e alle loro imprese satellite.
Nel 2020 la Birmania ha fornito il 74% di terre rare alla Cina, così come è crescita esponenzialmente l’esportazione
illegale di giada, teak e metanfetamine, che arricchiscono i militari.
Nelle zone industriali del paese è stata imposta la legge marziale, milioni di lavoratori e lavoratrici sono minacciati,
e licenziati per aver cercato di difendere i diritti umani e la democrazia, il che impedisce alle multinazionali presenti
di garantire il rispetto dei diritti fondamentali sanciti da lLO e ONU e la conseguente due diligence.
Ė tempo che le istituzioni internazionali e la UE prendano decisioni vincolanti e urgenti quali:
• L’embargo sulle armi e una no flight zone su tutto il paese, ad eccezione dei voli umanitari.
• La adozione di Sanzioni Economiche Generalizzate: blocco delle banche, delle assicurazioni e
riassicurazioni, del settore oil e gas, sospensione delle agevolazioni previste dall’EBA, come
richiesto da 200 organizzazioni birmane.
• Il rinvio della giunta militare alla Corte Penale Internazionale, per crimini di guerra e contro
l’umanità perpetrati in tutto il paese o da parte del Consiglio di Sicurezza ONU, o attraverso il
riconoscimento formale della Corte, da parte del Governo di Unità Nazionale birmano (NUG).
• Il riconoscimento del NUG e il sostegno finanziario alle organizzazioni democratiche come il
CDM, per evitare che la resistenza non violenta non muoia per esaurimento di energie.
• L’apertura di un tavolo di confronto a Ginevra con Cina, Russia, ASEAN, India, UE, USA e
Governo di Unità Nazionale birmano, per discutere e adottare le vie di uscita alla crisi in tempi
brevi.
• La nomina di un Inviato Speciale UE per la Birmania/Myanmar in modo da superare gli stalli
attuali dovuti alle numerose emergenze internazionali che la UE deve affrontare.


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