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Da Sergio Lepri a lezione di storia

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Sergio Lepri sarà ricordato soprattutto come il leggendario direttore dell’Ansa, ma se potessimo parlare di giornalismo come opera letteraria e saggio storico, converremo tutti che alcuni scritti di Sergio, meriterebbero, per il modo avvincente di raccontare gli eventi e per l’eleganza dello stile, di stare accanto a Un anno sull’altopiano di Emilio Lussu oppure a I dieci giorni che sconvolsero il mondo di John Reed.

Talvolta, i giornalisti si trovano nel bel mezzo di eventi epocali: da una parte devono diffondere le informazioni nel più breve tempo possibile perché “la notizia è prima di tutto”; dall’altra devono soffermarsi a raccogliere evidenze, riscontri, documenti e testimonianze secondo i criteri di indagine critica adottati dallo storico. Nella sua lunga vita professionale, Sergio ha svolto in modo esemplare questi due compiti; ma vale la pena di soffermarsi sul secondo, il meno noto.

Il giovane sottufficiale Sergio Lepri di stanza a Roma nell’estate del 1943, è testimone del collasso del regime fascista e della resa senza condizioni imposta all’Italia dal generale Eisenhower. Le tragiche vicende di quei giorni, che misero in luce la miseria umana e l’insipienza dei nostri governanti, sono state raccontate in due brevi saggi che i giovani che aspirano al giornalismo come professione dovrebbero leggere e analizzare per imparare il “mestiere”. (Il colpo di Stato del 25 luglio 1943); (L’armistizio dell’8 settembre del ’43).

La successione degli eventi è scandita dall’orologio: “Il momento è arrivato. Sono le sette del mattino di domenica 25 luglio 1943. Da villa Savoia il Ministro della Real Casa Pietro Acquarone ha parlato col Re e così telefona a Vittorio Ambrosio, capo di stato maggiore generale: il momento è arrivato per arrestare Benito Mussolini, capo del governo e duce del fascismo. Il Gran Consiglio è terminato nella notte con la firma a maggioranza dell’ordine del giorno di Dino Grandi con la sfiducia a Mussolini”.

La ricostruzione di quel giorno tumultuoso è una combinazione di citazioni puntuali dei protagonisti, documenti d’archivio e flash back sullo sbarco in Sicilia e i giorni che seguirono. Lo stile è impersonale: il “cronista” è solo uno specchio imparziale che riflette gli accadimenti; sa che i fatti non parlano da soli, ma il lettore è messo in grado di interpretarli correttamente senza essere suggestionato da frasi enfatiche e figure retoriche. L’inadeguatezza dei protagonisti che si muovono sul palcoscenico della storia è sotto i nostri occhi, sta in quel che fanno e quel che dicono, nelle accuse che si rinfacciano l’un l’altro, ancor prima che nei commenti dell’autore.

Prima di mezzogiorno Acquarone chiama il generale Giuseppe Castellano e gli dice che il re riceverà Mussolini alle 17 a villa Savoia. Castellano racconta: “Acquarone mi chiede: ‘Che cosa facciamo?’. Rispondo: ‘Sua Maestà che cosa ordina?’. ‘Nulla’

Quasi nessuno è al corrente di quanto sta accadendo, neanche Roberto Suster il potente direttore della Stefani l’agenzia di stampa ufficiale del fascismo, la futura Ansa che, dagli anni ’60, Sergio guiderà per quasi trent’anni. “Suster esce di buon’ora dalla sua casa di via dei Monti Parioli e si reca nella sede dell’agenzia, in via di Propaganda. Nel suo ufficio di direttore dà un’occhiata ai giornali; un’occhiata senza interesse, perché sa che le notizie politiche importanti i quotidiani non le pubblicano se non gliele ha date la Stefani, e la Stefani non ha dato niente, neppure la notizia della convocazione del Gran Consiglio”. Il racconto, sempre più incalzante, ricostruisce il piano che porta all’arresto di Mussolini – concepito, originariamente, nel mese di maggio del ’43 – e alla fine del regime: “In agosto i protagonisti del colpo di stato hanno un obiettivo comune: finire la guerra. Nessuno ha progetti di un futuro di libertà e di democrazia”.

Questa straordinaria lezione di giornalismo storico e di eleganza narrativa è un lascito prezioso di cui far tesoro: un motivo in più per essere infinitamente grati a Sergio Lepri, amico carissimo.


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