In breve, i fatti. L’associazione “Per la Costituzione” di San Daniele da anni organizza un “Festival Costituzione” al quale hanno partecipato i maggiori costituzionalisti del nostro Paese, oltre a tantissimi altri personaggi di primo piano. Un paio di giorni fa ha emesso un comunicato nel quale, proprio pensando alla Costituzione, viene messo in debito rilievo il fatto che Silvio Berlusconi non dovrebbe essere neppure candidarsi alla Presidenza della Repubblica perché in realtà, come affermano anche tanti costituzionalisti, la candidatura di un simile personaggio «è un’offesa alla dignità della repubblica e a milioni di cittadini italiani». Il sindaco – non mi sognerei mai di chiamarlo primo cittadino – di San Daniele risponde rabbiosamente revocando il patrocinio, il partenariato (che probabilmente implica anche l’uso degli spazi di proprietà del Comune) e chiede «l’immediata rimozione dello Stemma comunale» da tutto il materiale digitale dell’Associazione.
Paolo Mocchi, presidente dell’Associazione, risponde con la consueta signorilità, ma con un’incisività che dovrebbe far arrossire – nel caso riuscisse a comprendere il significato della parola vergogna – il signor Pietro Valent per il quale sarebbe giusto riesumare il titolo fascista di “podestà” per sostituirlo a quello di sindaco. Stante le limitazioni di spazio, vi rimando alla lettura dei testi sul Messaggero Veneto, ma non posso non insistere su alcune considerazioni.
La prima: è lo stesso signor Valent, con il suo comportamento cupido di servilismo nei confronti di Berlusconi, a dare ragione all’Associazione perché va contro quella Costituzione che proprio Berlusconi dovrebbe difendere: a partire dall’articolo 21: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione».
La seconda: vi sembra eccessivo il riferimento al fascismo? Dimenticate per un momento i ridicoli aspetti folkloristi del Ventennio, con camice nere, saluti romani e salti nel cerchio di fuoco. Pensate, invece, alla soppressione di moltissimi diritti civili, alle leggi razziste più che razziali, alla servile alleanza con il nazismo, agli omicidi degli oppositori, alle stragi nei territori temporaneamente conquistati, e poi pensate al sindaco (altro epiteto inadeguato) di Udine, Pietro Fontanini, che ignorando del tutto Costituzione e leggi dello Stato, ha pensato di non dare aiuti comunali a tutte le famiglie bisognose, ma soltanto a quelle che lui ritiene legittime.
Poi ricordate anche l’assessore regionale alla Cultura (altra presa in giro effettuata con l’uso distorto delle parole) Tiziana Gibelli e alla giunta regionale di Fedriga che, in odio all’editrice KappaVu, rea a suo dire di essere troppo di sinistra in alcune sue espressioni, decide di estrometterla dallo stand regionale al Salone del libro di Torino, cancellando anche il pensiero di decine e decine di autori, che magari di politica non avevano nemmeno scritto.
Comunemente si dice che tre indizi fanno una prova, Io continuo a pensare che una prova debba essere una prova, ma mi sembra che qui le prove – nel senso di fatti – non manchino proprio.
La terza considerazione riguarda il futuro. Ormai siamo abituati a pensare – anche guardando il calo continuo di affluenza alle urne – che gli italiani abbiano accumulato un senso di sfiducia praticamente irreversibile nei confronti di una politica che ha mantenuto quel nome, ma si è allontanata decisamente dal suo significato etimologico che indica la tecnica (dal greco “techné”) da usare per il bene della “polis”, cioè della comunità dei cittadini.
Ma siamo sicuri che sia davvero così? O forse la disaffezione dipende soltanto dal fatto che a ogni campagna elettorale non si sa più parlare alla gente di quello che alle persone sicuramente interesserebbe di più, ove soltanto si richiamasse il pericolo che la libertà corre dandone la gestione a persone che sono molto, troppo vicine, a un fascismo che ha cambiato nome e, in parte, aspetto esteriore, ma ha mantenuto assolutamente viva la sua anima nera e che non si preoccupa più troppo di nascondere i suoi tradizionali metodi?
Credo che in ogni momento (e quindi anche in ogni campagna elettorale, comprese quelle teoricamente amministrative, ma che sempre politiche restano) questi tre vituperabili esempi andrebbero ricordati con dovizia di particolari perché sono convinto che la larghissima maggioranza degli italiani può aver perso fiducia nei politici, può essersi disamorato della politica, ma non è sicuramente diventata fascista.
E, lasciatemelo dire: è cosa buona e giusta scrivere comunicati e articoli arrabbiati e indignati, ma questi li leggono soltanto coloro che già sono sensibili alle offese recate da questi comportamenti. Prima o dopo sarà il caso – Covid permettendo – che le piazze tornino a riempirsi di persone che protestano contro comportamenti che non troppi anni fa avrebbero portato a reazioni molto decise anche da parte della quella cosiddetta sinistra che oggi troppo spesso sceglie di tacere per non allontanare da sé possibili voti, mentre non si rende conto che, invece, ne sta perdendo tantissimi di più.
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