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Mel Brooks. “Tutto su di me”: 95 anni, l’autobiografia. Anticipò il saluto col gomito

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Da pochi mesi ha compiuto 95 anni.  All’anagrafe di Brooklyn, dov’è nato il 28 giugno 1926 da una famiglia di ebrei emigrati dalla Transilvania, la patria di Frankenstein, è iscritto come figlio di Melvin Kaminsky e di Katie Broockman, due cognomi con i quali dubitava che avrebbe avuto successo nel mondo dello spettacolo, cosa di cui invece fin da piccolo era fermamente convinto. Ed ecco il nome che tutti conosciamo, Mel Brooks, regista, attore, sceneggiatore, compositore musicale, produttore cinematografico, teatrale e televisivo, ma soprattutto comico.

Per festeggiare l’eccezionale compleanno ha dato alle stampe una corposa autobiografia dall’esplicito titolo Tutto su di me. La mia vita straordinaria nel mondo dello spettacolo (in Italia edita dalla Nave di Teseo, 620 pagine, euro 22,00) in cui racconta se stesso in ogni dettaglio, da bambino fino a gigante di Hollywood. Un libro tutto da ridere, perché l’autore si è sempre posto come scopo nella vita quello di far ridere la gente, con i suoi film le sue canzoni, il suo teatro e ora, a quasi cent’anni, con un libro di ricordi. E che ricordi.

Il suo amico Woody Allen una volta disse: “Ho smesso di fumare, vivrò una settimana di più. E pioverà sempre”. Pessimismo cosmico. Mel Brooks, umorismo ebraico, scrive: “Ridere fa bene alla salute. Posso assicurare che chiunque vedrà i miei film vivrà da due a cinque anni più degli altri”. Come dargli torto? Con il suo primo film Per favore non toccate le vecchiette vinse nel 1968 l’Oscar per la sceneggiatura, poi vennero Mezzogiorno e mezzo di fuoco, Balle spaziali, Dracula morto e contento e Frankenstein junior, nel quale nel 1974 involontariamente anticipò quello che sarebbe diventato un gesto dei nostri giorni: alla stazione lui e lei non si possono baciare davanti a tutti e si lasciano dandosi di gomito, come ci impone oggi il covid.

E’ l’uomo di Hollywood più premiato: per lui fu coniato l’acronimo EGOT, con le iniziali dei premi Emmy per la tv, Grammy per la musica, Oscar per il cinema e Tom per il teatro, i quattro maggiori riconoscimenti del mondo dello spettacolo americano che Brooks negli anni ha vinto uno dopo l’altro. Il suo motto è: trasformare la vita in commedia. Lo imparò da quelli che considera i suoi maestri Ernest Lubitsch, William Wyler, Woody Allen e i nostri Monicelli, Fellini e De Sica.

Mel Brooks ama l’Italia in modo particolare, ha perfino sposato una figlia di emigrati italiani, Anne Bancroft che di cognome faceva “Italiano”. Gli sarà piaciuta anche per quello. Nel 1962 la Bancroft vinse l’Oscar per la migliore attrice con l’interpretazione da protagonista di Anna dei miracoli di Arthur Penn. Ricorda Brooks: “Cucinava benissimo gli spaghetti, a differenza di mia madre che li metteva crudi in pentola, li copriva di ketchup e li metteva in forno, Ma che ne sapeva lei, era russa!”. Dell’Italia Brooks non ama solo gli spaghetti, ci è venuto spesso in vacanza, un giorno a Milano partecipò anche ad una puntata di Striscia la notizia, che lo divertì molto. D’altronde oggi scrive di essere venuto al mondo per divertire gli altri, ma a cominciare da se stesso, cosa che a quanto pare gli è riuscita bene, lo dimostra questo libro di ricordi spassosi che avranno lasciato alquanto perplesso l’altro ebreo del cinema dotato di particolare sense of humor, Woody Allen, che al contrario non ama parlare di sé se non con i film.

E’ un vero peccato che i cinefili di nuova generazioni, insomma i giovani che amano il cinema d’autore, non abbiano molte occasioni per incontrare i film di Mel Brooks. Finiti i cineclub, deserte le arene con le retrospettive estive non rimangono che certi canali tv all movie o lo streaming di Internet dove rivedere, se si è fortunati, i film di Brooks i cui titoli originali sono stati stravolti da quelli italiani che li hanno resi irriconoscibili. A cominciare dal primo, l’allusivo The Producer, del 1968 che da noi è diventato Per favore non toccate le vecchiette, arbitrariamente inserito nel filone dei ”Per favore…”:.. non mordermi sul collo, …mandatemi il gorilla, …occupati di Amelia, …non toccate le palline e altri ancora. O Blazing Saddles del 1974, una parodia del western alla John Wayne, il cui titolo  ironico da Selle fiammeggianti è diventato Mezzogiorno e mezzo di fuoco con ingenuo riferimento al classico Mezzogiorno di fuoco di Fred Zinnemann.  E ancora Silent movie, spassosa parodia del cinema muto che sui nostri schermi è arrivato come L’ultima follia di Mel Brooks. Il titolo hitchcockiano High Ansiety in italiano diventa banalmente Alta tensione. E si potrebbe continuare.

L’ultima cosa che l’oggi semicentenario Mel Brooks ha fatto per il cinema è nel 2019 il doppiaggio di un popolare cartone animato Toy Story 4, in cui dà voce ad un personaggio, Melephant Brooks, creato apposta per lui. E prima aveva doppiato una pecorella in una serie televisiva. E ha spiegato perché. “Credo che passerà molto tempo prima che i miei nipoti possano vedere tutti i film che ho fatto, mentre sono certo che gioiranno nel sentire la pecorella sapientona Wiley parlare con la voce del nonno”.

Autore: Mel Brooks

Traduttore: Alice Arecco

Editore:  La nave di Teseo

Pagine 624, ill.

Cartaceo euro 22

Ebook euro 9,99

In commercio dal 2 dicembre 2021


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