Dal 1991 al mese di ottobre 2021 le amministrazioni di 363 enti locali(356 comuni e 7 aziende sanitarie) sono state sciolte per infiltrazioni mafiose. Il numero maggiore degli enti sciolti si trova nelle quattro Regioni del Meridione (Sicilia, Campania, Calabria. Puglia)con gli insediamenti storici di Cosa nostra, Camorra, ‘Ndrangheta, Sacra corona unita; il radicamento delle mafie è documentato anche in cinque Regioni del Centro-Nord (Lazio, Liguria, Lombardia, Emilia-Romagna, Valle d’Aosta).
La Sicilia ha avuto ottantanove amministrazioni comunali sciolte, tra queste S.Cipirello nella cui aula consiliare promossa da associazioni civiche, col patrocinio del Commissario, venerdì 17 dicembre alle 16,30 è convocato una dibattito pubblico sulla lotta alla mafia in particolare nei comuni le cui amministrazioni sono state rimosse perché colluse.
La maggioranza dei cittadini di S.Cipirello, chiamati al voto per eleggere nuovo sindaco e consiglio, non si sono presentati al voto per non votare l’unica lista presente sulla scheda che tra l’altro aveva manifestato un atteggiamento negativo verso i Commissari straordinari perché “estranei”. S. Cipirello andrà al voto al prossimo turno elettorale di primavera.
Nel frattempo nel comune limitrofo, S. Giuseppe Jato, si sono insediati i Commissari straordinari per lo scioglimento per mafia della sua amministrazione. Chi conosce la storia della Valle dello Jato sa che il movimento antimafia della Valle ha sempre saputo fronteggiare la mafia, da quella del feudo a quella di oggi, dai Fasci siciliani a Portella delle Ginestre, dalle stragi della seconda guerra di mafia a quelle degli anni novanta. Quella mafia che pensava di piegare lo Stato è stata sconfitta anche grazie alla mobilitazione della stragrande maggioranza delle popolazioni di quella zona. Nella fase attuale, con mafie “più silenziose”, il livello di guardia delle forze antimafiose si è abbassato favorito dalla crisi dei partiti e della stessa democrazia, nonostante la maggiore efficienza repressiva delle istituzioni, forze dell’ordine e giustizia.
Le politiche di prevenzione antimafia, quelle del lavoro, del sostegno ai ceti produttivi, la sollecitazione alla cittadinanza attiva, la trasparenza amministrativa, la lotta alla corruzione, prefigurano una classe dirigente che rifiuta qualsiasi illegalità, che si mobilita per eliminare le disuguaglianze e le ingiustizie sociali e non cerca voti tramite i mafiosi. L’iniziativa di venerdì prossimo, alla quale anche il Centro studi Pio La Torre parteciperà, si pone l’obiettivo di mobilitare la coscienza democratica della Valle dello Jato, della Sicilia, del Paese contro la presenza e il condizionamento mafioso dello sviluppo e della democrazia. Non dimenticando che l’infiltrazione mafiosa nelle istituzioni avviene se c’è protezione o collusione o indifferenza della Politica. La partecipazione attiva della cittadinanza è la leva per ristabilire il rapporto democratico e la fiducia nella democrazia e nella politica messa alla prova sopratutto in questa fase delicata segnata dalla pandemia post-Covid. Questo principio vale in ogni fase della vita amministrativa, economica e sociale.
Rendere trasparente gli appalti dei lavori pubblici, la gestione dei rifiuti, dei servizi sociali, di quelli cimiteriali, la pianificazione e il controllo urbanistico del territorio significa contrastare le infiltrazioni mafiose. Mobilitare le associazioni intermedie, i sindacati, le associazioni di categorie e professionali, la scuola, la Chiesa rende impossibile la corruzione e il clientelismo, brodi di coltura di illegalità.
Inoltre il dibattito, che sarà concluso dal Presidente della Commissione antimafia regionale, vuole richiamare l’attenzione e l’impegno concreto delle forze politiche locali, provinciali, regionali, nazionali democratiche e progressiste per ricostruire il legame organizzativo e politico con i territori, conoscerne le sofferenze sociali, riconquistarne la fiducia nelle istituzioni e orientare l’investimento produttivo delle risorse finanziarie del Pnrr, degli Fondi europei, regionali e nazionali. In quest’ obiettivo rientrano la realizzazione delle infrastrutture primarie, il superamento delle difficoltà finanziarie dei comuni, il sostegno allo sviluppo locale sulla base della riorganizzazione del sistema produttivo come previsto dal Recovery Plan. La classe dirigente sarà quella capace di guidare tali progetti che non prevedono né disuguaglianza né mafie.