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Minacce a Borrometi, la Cassazione ha confermato la condanna del boss Ventura. Fnsi: «Grande soddisfazione»

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Confermata in via definitiva la condanna a un anno e 10 mesi, con l’aggravante del metodo mafioso, per Il boss Giovanni Battista Ventura, autore di pesantissime minacce contro il giornalista e Presidente di Articolo 21 Paolo Borrometi.
Ventura, ritenuto reggente dell’omonimo clan di Vittoria (Ragusa), era accusato di minacce di morte e tentata violenza privata ai danni del giornalista, vicedirettore dell’Agi, per le sue inchieste sulla criminalità organizzata vittoriese.
La decisione è stata assunta dalla quinta sezione penale della Corte di Cassazione, che ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’imputato presentato contro la sentenza con cui la Corte d’appello di Catania, nel giugno 2020, aveva condannato Ventura riconoscendo la sussistenza dell’aggravante mafiosa. Anche il sostituto pg Paola Filippi, nella sua requisitoria finale, aveva chiesto alla Corte di dichiarare inammissibile il ricorso di Ventura.
“Ti scippo la testa, sarò il tuo peggiore incubo”. Sono le parole terribili pronunciate da Giovan Battista Ventura. Frasi dettate dal fastidio per le inchieste di un giovane giornalista scomodo e dall’arroganza derivante da un atteggiamento di tipo mafioso. Questo è accaduto a Paolo Borrometi, destinatario  delle minacce di Giovan Battista Ventura, da tutti chiamato Titta, che, appunto, in secondo grado è stato condannato a un anno e dieci mesi di reclusione. Il giornalista, costretto a vivere sotto scorta dal 2013 e impegnato da anni a difendere i colleghi minacciati in tutta Italia, non ha mai smesso di essere nelle udienze a confermare l’esigenza di giustizia non solo sua ma di tutto il mondo dell’informazione italiana, rappresentata dalla Fnsi quale parte  civile. Le frasi minacciose di Ventura erano seguite a servizi giornalistici dunque erano (anche) un modo per bloccare la libertà di stampa.

“Sono passati anni da quelle minacce. – aveva detto Borrometi a commento della sentenza di Appello–  E a quelle, purtroppo, negli anni se ne sono aggiunte tante altre. Ho continuato a fare il mio dovere: scrivere articoli. Con nomi e cognomi. L’ho fatto da giornalista e da uomo libero. L’ho fatto con la paura che inevitabilmente mi accompagna ogni giorno. L’ho fatto denunciando alle Autorità competenti qualsiasi minaccia”.

Solidarietà è stata espressa all’esito della sentenza dal Presidente e dal Segretario della Fnsi, Giuseppe Giulietti e Raffaele Lorusso, che da anni sono accanto a Paolo Borrometi nelle sue battaglie per l’affermazione della libertà di stampa. “La Cassazione ribadisce quanto già affermato nei precedenti gradi di giudizio  – dice Giulietti – e ciò non solo restituisce dignità al lavoro di Paolo Borrometi e di tutti i giornalisti italiani ma rimette in ordine anche in quella certa confusione cui si era assistito all’inizio, quando fu presentata la denuncia e c’era stato chi aveva persino messo in dubbio la veridicità delle aggressioni. Forse adesso qualcuno dovrebbe pensare di chiedere scusa”.

Al Presidente di Articolo 21 vanno la solidarietà e le congratulazioni di tutta l’associazione.


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