“Questo libro è stampato col sole” sta scritto in caratteri minuscoli nell’ultima pagina, sopra il logo di Grafica Veneta S.p.A. di Trebaseleghe, provincia di Padova. “Azienda carbon free” è specificato.
Mentre i vertici internazionali sul clima, fra Roma e Glasgow, girano a vuoto, fa piacere scoprire che ci sono già aziende che ci tengono a dire “noi rispettiamo l’ambiente, non bruciamo carbone”. Nel caso di Grafica Veneta siamo al top: come si legge nel suo sito, “è un’azienda autosufficiente dal punto di vista energetico e totalmente carbon free grazie ad un impianto fotovoltaico di 80.000 metri quadrati che produce quasi dieci milioni di kilowattora ricavati completamente dai raggi solari”.
Il libro stampato col sole a Trebaseleghe per la casa editrice Nord del gruppo editoriale Mauri Spagnol, è L’inverno dei leoni, il secondo volume della saga dei Florio, la storica famiglia di imprenditori siciliani vissuta a cavallo di due secoli, di cui è autrice Stefania Auci e che rappresenta il maggiore successo editoriale della stagione. Il primo, I leoni di Sicilia, è uscito due anni fa e anche quello è stato stampato con il sole. E ha brillato nelle vendite.
Nata a Trapani quarant’anni fa Stefania Auci si sta godendo il successo straordinario con il quale i suoi “leoni” la stanno ripagando della non comune fatica che ha dovuto affrontare per raccontare la saga dei Florio. Sembra che la Rai voglia farne uno sceneggiato televisivo, ci sono tutti i presupposti: l’unità d’Italia, gli errori dei governi piemontesi, i primi tentativi d’industrializzazione del sud, i prodromi della mafia, il capitalismo rampante, i primi moti operai.
Oltre che “stampato” questo libro è “scritto” col sole, il sole di Sicilia che fa da sfondo, anche in pieno inverno, alle vicende private e pubbliche dei Florio. L’autrice si è prodotta in ampie descrizioni ambientali, fra le quali i personaggi si muovono come, è il caso di dirlo, pupi siciliani, ognuno interpretando la sua parte: gli uomini sempre al comando, alla ricerca del potere, con la pretesa dell’onore, le donne sempre sottomesse, in parte devote in parte fumantine, talvolta ribelli, più spesso perdenti nella impari lotta fra i sessi in una Sicilia agli albori del Novecento ma irrimediabilmente ottocentesca nei costumi, nella politica, nella società dei ricchi e nelle piaghe sociali dei poveri.
I Florio si succedono per generazioni, e ognuno di loro vive la sua parte di storia della famiglia, incontrando chi i politici del momento (Giovanni Giolitti, Francesco Crispi, Vittorio Emanuele Orlando, Giuseppe Zanardelli, perfino re Umberto) chi gente di spettacolo (Ermete Zacconi, Eleonora Duse, Lina Cavalieri, la Bella Otero) e di cultura (Gabriele d’Annunzio, Giacomo Puccini, il pittore Giovanni Boldini autore del ritratto più noto di Giuseppe Verdi).
Quegli uomini l’Auci li chiama leoni, ma sono piuttosto conigli, le leonesse sono le loro donne che nate indesiderate, crescono poco amate, partoriscono senza curarsi del sesso del nascituro che invece è fondamentale per i padri, e muoiono spesso senza aver lasciato traccia del loro passaggio su questa terra perché non sono riuscite a imporsi su padri, mariti, fratelli, figli che le dominano.
Non è dato sapere, se non dopo un’attenta analisi dei conti sulle vendite, quanto saranno piaciuti al lettore siciliano questi due libri che della Sicilia di allora, a cavallo fra il XIX e il XX secolo, danno un’immagine cruda, non molto lontana dalla Sicilia di oggi. Ma non sono libri di denuncia, al contrario sono una cronaca attenta, affettuosa quasi nei riguardi di certi personaggi, non nostalgica, semmai romantica. Una lettura piacevolissima, che fa onore all’autrice, forse sorpresa lei per prima del successo ottenuto in libreria, sarebbe piaciuta molto a Camilleri, anche lui la sua Sicilia l’ha molto amata e sempre criticata.
Cosa rimane oggi dei Florio? Un nome che ha travalicato il secolo nel quale è nata e si è sviluppata come la più grande grande famiglia siciliana di imprenditori in anni cruciali della storia d’Italia.
A Palermo, a parte il teatro Massimo eretto per volere di un Florio e alcuni palazzi storici, come il villino Florio, c’è l’attuale grande albergo Le Palme che nelle intenzioni del fondatore, appunto il più munifico dei Florio, avrebbe dovuto essere un ospedale per ricchi degenti, mentre a Favignana, la maggiore delle isole Egadi che furono di proprietà della famiglia negli anni del massimo splendore, si possono ancora visitare i resti della grande tonnara che determinò la grande fortuna economica dei primi fratelli Florio approdati in Sicilia dalla natia Bagnara Calabra.
L’ultima rappresentante della famiglia Florio, Costanza Igea Afan de Riveira Costaguti, è morta nel settembre dello scorso anno. Nipote diretta e discendente di Ignazio Florio jr e di Franca Florio, era figlia di Giulia Florio, l’ultima generazione della grande dinastia. Nobildonna d’antico stampo non mancò una première al teatro Massimo, frequentò la buona società del tempo, partecipò perfino a qualche edizione della Targa Florio, la più importante e dura corsa automobilistica che abbia percorso per anni le tortuose strade delle Madonie. L’ha creata nel 1906 Vincenzo Florio, oltre a tutto il resto anche pioniere dell’automobilismo, che la volle come vetrina per la ricca società dell’isola. Si corre ancora: nata come gara di velocità, da molti anni è un rally di regolarità per auto d’epoca. L’edizione 2021 si è svolta a metà del mese scorso con grande partecipazione di appassionati. Sempre nel nome dei Florio.
A Roma, a due passi da Villa Borghese all’angolo di via Abruzzi con via Sardegna, sorge il villino Florio, costruito a partire dal 1902 da Ignazio Florio. In stile liberty è fra le case più belle del quartiere Ludovisi. I membri della famiglia vi soggiornavano in occasione delle frequenti visite nella Capitale. Oggi il nome Florio lo trovi anche al supermercato che vende il famoso Marsala Florio, vino locale nato popolare e diventato per signori, con prezzi che dai 7 ai 40 euro a seconda del grado di invecchiamento, ottimo come aperitivo o da dessert, prezioso in cucina per aromatizzare piatti di carne o insalate.
Ci fu anche un giornale fra le iniziative dei Florio. Per far giungere la voce della borghesia imprenditoriale siciliana al lontano governo di Roma, nel 1900 l’infaticabile Ignazio fondò L’ora, un quotidiano che usciva a Palermo, che non tardò a pestare i piedi alla nascente cultura mafiosa, contro cui si batté con coraggio. Negli anni ebbe i suoi morti di mafia: l’ultimo fu Mauro De Mauro, misteriosamente scomparso nel 1970. E’ di questi giorni la notizia del ritrovamento in una grotta siciliana alle pendici dell’Etna di resti umani che attraverso le nuove tecniche di indagine con lo studio del Dna si cercherà di stabilire se appartengono al giornalista autore di coraggiosi articoli contro la mafia e cui non si è mai più saputo nulla. L’Ora di Palermo sospese le pubblicazioni del 1998 dopo alterne difficoltà proprietarie e editoriali.
Oggi sotto il sole di Sicilia, non c’è un Florio che lo riporti nelle edicole. I leoni non ruggiscono più.
L’ inverno dei Leoni. La saga dei Florio
Di Stefania Auci
Edizioni Nord 2021