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Voto, Letta esulta e Bonaccini punzecchia

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Bonaccini dà qualche dispiacere a Letta. A botta calda il segretario del Partito democratico ha annunciato «una vittoria trionfale». Nella direzione del Pd ha parlato di una vittoria «generale completa, totale». Enrico Letta non frena l’entusiasmo per i risultati delle elezioni amministrative di ottobre. Del resto il centro-sinistra a guida democratica ha sbancato: ha conquistato 5 sindaci delle metropoli capoluogo di regione (Roma, Milano, Torino, Bologna, Napoli), quelli delle principali città italiane e la presidenza della Calabria.

Il centro-destra è stato pesantemente sconfitto: ha ottenuto solo un sindaco di una città capoluogo di regione: Trieste. Il Movimento 5 stelle ha patito una disfatta totale: zero sindaci di città importanti. Ha perso perfino a Roma e a Torino, le città conquistate nel 2016 e viste allora come le bandiere di una perenne marcia trionfale.

Tutto il partito, come il segretario Letta, sprizza gioia ma Stefano Bonaccini raffredda gli entusiasmi. Avverte: «Guai a pensare che la vittoria alle amministrative sia trasferibile alle politiche. Prenderemmo una grande cantonata». Spiega il “cappotto” subito dall’alleanza Meloni, Salvini, Berlusconi soprattutto con la disaffezione degli elettori: «La destra ha pagato un prezzo all’astensionismo».

Bonaccini è un uomo politico deciso, prudente e sperimentato. Il governatore dell’Emilia-Romagna vinse le elezioni quando il centro-destra nel biennio 2019-2020 era sulla cresta dell’onda e conquistava una regione dopo l’altra, comprese le “rosse” Umbria e Marche. È un uomo così stimato che all’inizio del 2021 si parlò anche di lui per sostituire Zingaretti alla segreteria del Partito democratico, ma poi la spuntò Enrico Letta. Bonaccini centra uno dei problemi fatali per il centro-destra: appena il 43,9% degli elettori ha votato ai ballottaggi per i sindaci. Quasi 6 elettori su 10 hanno disertato le urne e si tratta soprattutto di sostenitori del centro-destra.

Il successo del Pd e del centro-sinistra alle amministrative è fragile. Poggia le gambe più sugli errori di Giorgia Meloni e Matteo Salvini che sui meriti dei vincitori. La presidente di Fratelli d’Italia e il segretario della Lega, una dall’opposizione e l’altro dal governo, hanno sostenuto le proteste dei No vax e No Green pass contro Mario Draghi (che ha ottenuto lusinghieri risultati) quando invece i cittadini chiedevano misure efficaci per combattere il dramma del Covid-19 e delle sue pericolose varianti. Meloni, Salvini e Berlusconi si sono presentati divisi nella campagna elettorale e hanno sbagliato i candidati sindaci (clamoroso è il caso del favorito Michetti a Roma battuto da Gualtieri).

L’elettorato moderato in Italia è sempre stato maggioranza. Una conferma arriva dall’affossamento del disegno di legge Zan al Senato con il voto segreto. La Dc con la sua politica interclassista riuscì a rappresentarlo per decenni e a conquistare l’egemonia nella Prima Repubblica. Anche Berlusconi riuscì nella difficile impresa varando una coalizione vincente tra Forza Italia, An e Lega Nord. Solo quando Bossi si sfilò dall’alleanza vinse alle politiche il centro-sinistra guidato da Prodi. Letta non riuscirà a vincere le elezioni politiche del 2023 se non proporrà delle risposte convincenti ai gravi problemi dell’Italia e se non conquisterà il ceto medio. Prima dell’appuntamento delle politiche c’è quello, certo non marginale, di eleggere il nuovo presidente della Repubblica nel febbraio 2022.


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