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#RFF16: The North Sea, di John Andreas Andersen

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Credevamo di essere una nazione (la Norvegia) fondata sul petrolio e invece siamo una nazione fondata sull’oceano.”

Sono queste le parole pronunciate dall’attore norvegese Bjørn Floberg, al termine di un bellissimo disaster movie, ricco di effetti speciali, che danno il senso al film The North Sea, del regista norvegese John Andreas Andersen, in concorso alla XVI edizione della Festa del Cinema di Roma.

Il film trae spunto dai tragici eventi realmente verificatisi negli anni ’70, allorché un impianto di estrazione petrolifero situato nel Mar del Nord esplose provocando un disastro ambientale di proporzioni immani con la fuoriuscita di 4.000 tonnellate di petrolio al giorno. In quell’occasione, in soli otto giorni si riversarono in mare più di ventimila tonnellate di petrolio che raggiunsero una estensione di 200 km quadrati ed un’altezza di 100 metri.

A questo disastro, in realtà, nello stesso bacino petrolifero norvegese ne sono seguiti anche altri nel corso degli anni successivi, alcuni dei quali hanno fatto registrare un altissimo costo in termini di vite umane.

The North Sea, trae quindi spunto da fatti realmente accaduti, amplificandone a dismisura le conseguenze.

Più nel dettaglio, il film racconta, appunto, dei momenti successivi al collasso di quello che è uno dei più grandi giacimenti petroliferi scoperto in epoca recente, situato all’estremità meridionale delle acque territoriali norvegesi: l’Ekofisk, su cui insistono decine di piattaforme petrolifere che danno lavoro a più di 1.200 persone.

La scoperta del giacimento venne annunciata al mondo alla vigilia del Natale del 1969 e da quel momento la storia (finanziaria ma non solo) di quel Paese cambiò radicalmente, rendendolo, improvvisamente, uno dei più ricchi del mondo. Una ricchezza, tuttavia, dai piedi di argilla, basata com’è, almeno stando al film, su di uno sfruttamento di risorse naturali eccessivo, tra l’altro, in una zona argillosa, fragile, che potrebbe presto collassare.

L’eccessivo sfruttamento delle risorse della terra non potrà che portare a delle conseguenze nefaste per l’umanità. E’ questo, in buona sostanza, il messaggio esplicito trasmesso dal film.

Ma non solo. L’opera ci racconta anche delle conseguenze che i disastri hanno sulla vita degli uomini e delle donne, delle persone comuni, dei non eroi, che la tragedia può unire, sino ad arrivare anche al sacrificio estremo, e delle scelte dei potenti, cui competono le decisioni più difficili, che finiscono per privilegiare gli interessi economici a quelli delle persone, subordinandovi la stessa vita.

Un film adrenalinico, ben costruito, in cui la tensione legata al disastro imminente si unisce alle emozioni delle persone che vi lavorano; a quelle di un bambino, Odin, che testardamente aspetta il ritorno del giovane padre, Stian, che si trova intrappolato, forse in una bolla d’aria, senza via di scampo, in un condotto di una piattaforma affondata a centinaia di metri sotto il livello del mare.


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