Anche a San Marino il mestiere del giornalista è pericoloso. Pericoloso per le intimidazioni, le denunce, i rinvii a giudizio senza fondamento per i giornalisti e i giornali che fanno il proprio lavoro: approfondiscono, ricercano, pubblicano notizie di preminente interesse pubblico.
Notizie delle quali, però, secondo chi denuncia – nel caso specifico la Banca Centrale di San Marino e il Congresso di Stato, il governo sammarinese – la collettività non deve essere messa al corrente.
La vicenda che riguarda il giornalista del quotidiano “L’informazione di San Marino”, Antonio Fabbri, e il suo Direttore, Carlo Filippini, è emblematica del bavaglio che si vuole mettere alla libera stampa, soprattutto quando compie il suo dovere.
Che cosa è accaduto.
Nell’aprile del 2019 emerge la notizia di una indagine nei confronti della presidente della Banca centrale di San Marino (Bcsm) e di un noto politico italiano per una consulenza da 10mila euro al mese a favore di quest’ultimo. L’indagine per amministrazione infedele, che ha avuto una notevole risonanza non solo a livello sammarinese ma anche sui media nazionali italiani e internazionali, circa un anno dopo viene archiviata. La Banca Centrale invia un comunicato stampa nel quale dà notizia della archiviazione, senza renderne note le motivazioni.
Il giornalista decide allora di approfondire le motivazioni dell’archiviazione del caso che aveva avuto un tale clamore.
Chiede quindi ufficialmente alla Cancelleria penale del tribunale unico di San Marino di poter accedere al fascicolo archiviato, come previsto dalla legge.
La richiesta viene formulata dal giornalista Antonio Fabbri attraverso il canale “Book-Pa”, il portale della pubblica amministrazione sammarinese attraverso il quale presentare le domande di accesso ai fascicoli pubblicati dei quali “chiunque può prendere visione o estrarne copia”, recita la norma sammarinese in materia. La richiesta viene motivata dal redattore con finalità di inchiesta giornalistica. Alla data della prenotazione fissata per la consultazione del fascicolo, il giornalista, si presenta alla Cancelleria penale del tribunale e, dopo circa 45 minuti di attesa, gli viene consegnato il fascicolo, previa autorizzazione del magistrato, con eccezione delle parti coperte da segreto bancario.
Dalla consultazione del fascicolo il giornalista rileva che il provvedimento di archiviazione riporta come per l’inquirente non vi fossero gli estremi penali per il rinvio a giudizio, tuttavia dal provvedimento di archiviazione e dai rilievi del magistrato emergeva che la consulenza al politico italiano, peraltro molto onerosa per la Bcsm, vedeva di fatto lo stesso ricevere informazioni dal medesimo ente al quale era chiamato poi a fornire le stesse consulenze e informazioni che gli venivano trasmesse.
Dalla consultazione del fascicolo emergeva inoltre, che erano stati ascoltati come testimoni dei Segretari di Stato (ministri) ed era stato acquisito un verbale del governo. Dalle testimonianze e dal verbale risultava che la presidente di Bcsm, quando aveva appreso di essere indagata, si era rivolta ai Capi di Stato di San Marino – i Capitani Reggentie – e ai membri di governo riferendo loro di avere incontrato l’allora capo dei servizi segreti italiani. parlando con esso del sistema bancario sammarinese. Ora, che il vertice della Banca centrale di un paese incontri il capo di servizi segreti di un altro paese, è una notizia di evidente e preminente interesse pubblico, che il giornalista e il giornale hanno reso nota, così come le motivazioni dell’archiviazione dell’indagine.
A fronte degli articoli su queste notizie, di interesse pubblico e pubblicabili, la Banca centrale e il Governo di San Marino hanno presentato denuncia contro il giornale e il giornalista, sostenendo che quelle notizie non dovevano essere pubblicate.
Dopo una indagine discutibile, il Commissario della legge ha rinviato a giudizio i giornalisti per l’articolo 192 bis del codice penale sammarinese: “Pubblicazione di atti segreti inerenti un procedimento penale”. Ma quegli atti segreti non sono.
A rendere ancor più grave e inquietante la situazione il fatto che, in precedenza, quando il giornale aveva pubblicato le notizie per la cui pubblicazione è accusato, la Banca centrale e la sua presidente avevano inviato una diffida dal sapore intimidatorio nella quale minacciavano il giornale i giornalisti di presentare esposti in sede penale e disciplinare, se non avessero cessato le pubblicazioni.
A questo era seguita, innescata da un altro esposto, una istruttoria anche da parte del Garante della Privacy di San Marino, nella quale lo stesso ente intimava addirittura al giornale di rivelare la fonte delle proprie informazioni.
La gravità di questo rinvio a giudizio è tale perché si configura con tutta evidenza come un abuso e una intimidazione per il giornalista e il giornale, colpiti dalle denunce pretestuose del Governo e della Banca centrale, il cui unico evidente interesse era quello di tenere nascoste informazioni e notizie, inerenti la corretta gestione della cosa pubblica, che il giornalista aveva il dovere di rendere note e la collettività il diritto di conoscere.