Il coraggio e la mafia, la lezione di don Pino Puglisi 28 anni dopo la sua morte

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Le porte delle Chiese siano chiuse ai mafiosi. Comprendiamo che la Chiesa resta casa del perdono e dell’accoglienza, ma non possiamo non ricordare oggi don Pino Puglisi senza quel monito gridato da Papa Giovanni Paolo II ad Agrigento nel 1993, quando si rivolse ai mafiosi ammonendoli sulla certa condanna divina. Quel “convertitevi” detto da Papa Giovanni Paolo II ai mafiosi oggi resta attuale, dinanzi ad una mafia che come ha in questi giorni ha detto il Vescovo di Monreale, mons. Pennini, è tornata a frequentare le Chiese senza un vero pentimento, anzi. Lì nelle Chiese ai mafiosi viene facile incrociare i bisogni della gente per offrire aiuto…in cambio sempre di qualcosa, anche mettere in mano ad un giovane dosi da spacciare, o anche un’arma, perché la mafia sommersa e la mafia che non spara non è cosa che possa durare ancora a lungo. E’ vero che la Chiesa di oggi, e quella siciliana in particolare, è l’opposto di quella che era la Chiesa dei tempi di don Pino Puglisi, ma ci sono ancora sacerdoti che intendono il loro ministero così come piace ai mafiosi. Anzi sono sacerdoti che si sono ammodernati, che usano i social, dove distribuiscono le loro prediche spesso in senso diverso rispetto magari ai messaggi dell’antimafia sociale, che hanno da ridire sulle confische dei beni e anche sulle indagini giudiziarie. Sacerdoti che non usano il sorriso come faceva don Pino Puglisi, perché sanno bene che alla mafia i sorrisi non piacciono. In questa nostra Sicilia purtroppo resistono ancora oggi delle sacche dove non si combattono la cultura mafiosa e gli interessi corrotti, dove l’onesto si ritrova imbrigliato nelle maglie soffocanti della mafia. La mafia non si sconfiggerà fino a quando non si vincerà la battaglia nelle periferie delle grandi città o nelle periferie delle Regioni, è òì che serve la voce forte della Chiesa, di quella chiesa che rifiuta u mafiosi alle processioni, della Chiesa che diffida da certe congregazioni o confraternite che le girano intorno, quella Chiesa che non fa passare i simulacri in processione sotto il balcone del boss del paese.

Don Pino ci ha indicato una via da seguire fatta di sorrisi, cultura della legalità, normalità e caparbietà, aspetti che fanno tanta paura a coloro che vorrebbero arricchirsi sulla pelle della gente normale, impoverendola sempre di più e quindi rendendola più corruttibile e controllabile.

Padre Pino Puglisi è, non era, l’esempio di come la Chiesa, e non solo quella della sua Brancaccio, seguendo i propri principi, può essere attore principale nell’affermazione della giustizia sociale e di una cultura non a appannaggio di pochi. L’unico modo per ricordarlo è mettersi in moto, ognuno secondo le proprie possibilità, nel contrastare una mafia che cambia pelle e volti, ma resta una grave piaga che infetta il convivere civile e la giustizia, spingendo ancor di più ai margini coloro che un domani possano diventare manovalanza o comunque utili al suo scopo o cercando di emarginare chi opera ogni giorno nel combatterla.

Il modo migliore per ricordare il suo sacrificio è agire, nel solco del suo modo di fare, un misto di gentilezza e decisione.


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