Un testimone scomodo, Giuseppe Costanza. Un sopravvissuto della strage di Capaci che tanto ha ancora da raccontare a 29 anni dalla morte di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e della loro scorta.
A intervistarlo Antonella Napoli, giornalista sotto sorveglianza che prima di iniziare la carriera di inviata di esteri (dal 2019 dirige la rivista Focus on Africa) si è occupata per anni di giudiziaria e di cronaca seguendo e raccontando gli anni caldi della malavita organizzata in Campania, dove imperversavano clan della camorra come i Pecoraro – Renna, responsabili di centinaia di omicidi tra cui l’uccisione il 12 febbraio del 1992 dei carabinieri Fortunato Arena e Claudio Pezzuto a Pontecagnano, in provincia di Salerno.
Con questo incontro è entrata nel vivo, oggi sabato 4 settembre, la VII edizione del Festival del giornalismo Leali delle notizie, che si concluderà sabato 12 settembre sotto la direzione di Luca Perrino, quest’anno senza Cristina Visintini (vicepresidente de Leali delle notizie scomparsa lo scorso 9 agosto).
Giuseppe Costanza, 74 anni. è impegnato in un’intensa attività nelle scuole dove porta la sua testimonianza.
Peppino, come ama essere chiamato dagli amici, viaggiava all’interno dell’auto di Giovanni Falcone e Francesca Morvillo ed è vivo per miracolo.
Poliziotto, autista giudiziario, uomo di fiducia di Falcone, nella scorta in quel 23 maggio del 1992 quando l’esplosione a Capaci inghiotti Falcone, sua moglie e gli agenti Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
Unici superstiti Paolo Capuzza, Angelo Corbo, Gaspare Cervello e, appunto, Costanza che che su richiesta del magistrato gli aveva ceduto la guida della Fiat Croma bianca su cui sarebbero andati incontro al loro infausto destino.
“Sono passati ormai 29 anni e sono qui a raccontare quel tragico momento per non dimenticare e per chiedere che sia fatta piena luce sui mandanti di quella strage perché finora sono stati individuati e processati solo gli autori di quell’atto criminale, la manovalanza.”
.La risposta di Costanza alla prima domanda di Antonella Napoli che gli aveva chiesto se dopo 29 anni era emersa tutta la verità su quel tragico giorno.
“Non credo che siamo arrivati alla pura verità. Chi ha dato disposizioni per uccidere Falcone, la moglie e i miei colleghi, ancora non lo sappiamo. Ed è per questo che continuo a testimoniare fatti che non sono finora emersi e che nei giorni delle ricorrenze di Capaci e della strage di via D’Amelio vengono espressamente ignorati”.
Il duro attacco di Costanza sollecitato dalla giornalista che gli ha chiesto quale messaggio intende lanciare alle giovani generazioni.
“Vedo che i giovani di oggi hanno un’attenzione particolare all’antimafia. E questo mi fa piacere perché raccontando, informandoli su tutto quello che è avvenuto, possono maturare per quando chi fra loro andrà ad occupare dei posti di responsabilità nella Pubblica amministrazione o altre istituzioni, possono applicare una corretta gestione che finora non c’è. Io ci credo ai ragazzi, la mia vita ormai non è più in salita ma in fase calante. I ragazzi invece devono stare attenti per il loro futuro affinché non si sviluppi più questa maledetta mafia o ‘ndrangheta che sia. Si ricordi una cosa: lei ha presente un fiume in piena? Il fiume in piena travolge tutto. Ecco, noi in questo periodo siamo un fiume in piena perché siamo concentrati e ci adoperiamo affinché nulla si manifesti nuovamente come prima. Ma quando finirà questo flusso potente di acqua che scorre, questi ritorneranno a galla peggio di prima. Ricordiamoci che il giunco si piega ma non si spezza. Si abbassa, segue il flusso dell’acqua, ma appena questo termina riemergono nuovamente e sono peggio di prima” l’esortazione di Costanza che ha concluso il suo intervento sottolineando che bisogna essere cittadini attivi “non si può restare ad aspettare che altri facciano qualcosa per noi. Lo dobbiamo fare noi stessi”.