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Riflettori accesi sull’Afghanistan: parte da Venezia la mobilitazione nazionale

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Parte da Venezia la mobilitazione nazionale per tenere i riflettori accesi sull’Afghanistan, nel giorno in cui i talebani, riconquistato il potere, ricominciano a sparare sui giornalisti, mirando anche un C130 dell’aviazione italiana che stava portando in salvo cronisti e civili afghani. “Casa loro è stata distrutta, dobbiamo dunque accoglierli a casa nostra”. Un monito chiaro quello del presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti, giunto a Venezia dove, sotto la sede Rai, si sono riunite più di 200 persone per reclamare diritti e libertà per le donne e tutto il popolo dell’Afghanistan. Una mobilitazione promossa da Sindacato giornalisti Veneto (Sgv) e Associazione veneziana della stampa con la rete Venezia Manifesta e l’adesione, tra le altre, di Articolo 21 con i comitati regionali di Veneto e Trentino Alto Adige, Unaga, Spi Cgil, Granello di senape. “A breve – riprende Giulietti – si aprirà la partita dei corridoi umanitari e, oltre ad adoperarci per salvare vite umane, dovremo portare lì le telecamere, perché non sia oscurato il dramma della popolazione, mentre c’è chi Julian Assange rischia decine d’anni di galera per aver rivelato i documenti falsi che hanno provocato quella guerra”. Un impegno che vede in prima linea i giornalisti del Veneto, come sottolineato dalla segretaria del sindacato, Monica Andolfatto, punto di riferimento in una mobilitazione che ha visto anche l’intervento di Barbara Schiavulli. “Siamo noi in questo momento la voce delle donne in Afghanistan – ha detto la reporter freelance, oltre 30 viaggi di lavoro sullo scenario afghano – perché ora lì devono restare nascoste e sono state private del diritto di parola”. Tra i contributi, anche quello dell’attrice Ottavia Piccolo, con un vigoroso richiamo al dovere dell’accoglienza: “Una Regione grande e ricca come il Veneto non può limitarsi a una disponibilità di qualche decina di persone”. E per diversi rifugiati afghani, Venezia e il Veneto sono già diventate la loro seconda casa. Alcuni tra loro hanno portato la propria testimonianza, a partire da Ahmed Hamadi, fratello dell’attivista Zahra, arrivato in Laguna ormai quattordici anni fa. “Questa città – dice commosso – mi ha accolto e mi sento veneziano. Come sto ora? Bene perché sono qui, ma sono momenti difficili e sono preoccupato per il mio Paese e chi è rimasto lì. Io sono musulmano ed esserlo è cosa ben diversa dall’essere talebani. Loro portano l’ignoranza, noi amiamo l’umanità e non vogliamo perderla”.
(Nella foto un momento della manifestazione)


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