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“Il giorno dello scorpione” – di Paul M. Scott

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Un romanzo avvincente che ricostruisce con maestria l’atmosfera, le speranze e le disillusioni di due popoli, quello britannico e quello indiano, in un momento di svolta della loro storia.

Il Giorno dello Scorpione, scritto nel 1968 da Paul M. Scott (1920 – 1978), già vincitore del Booker Prize nel 1977 con il romanzo “Staying on”, torna nelle librerie il 26 agosto con Fazi Editore, per la Collana “Le strade” (€20-600pp).

Il romanzo è il secondo dei quattro libri della nota tetralogia “The Ray Quartet”, definita, all’epoca, il “Guerra e Pace” anglo-indiano, che tanta notorietà attribuirono all’autore, anche a seguito della sua trasposizione in una serie televisiva sulla rete britannica BBC nel 1984.

Oltre a ”Il giorno dello scorpione” (“The Day of the scorpion”), l’opera completa comprende “The Jewel in the Crown”, pubblicato da Fazi Editore lo scorso settembre, “The Towers of Silence” e  “A Division of the Spoil”.

L’opera rappresenta un impareggiabile affresco storico, di grande impatto, degli ultimi giorni del Raj britannico in India sul finire della Seconda guerra mondiale, in un periodo in cui la Corona si trovò a fronteggiare sia le incursioni giapponesi nell’Oceano indiano sia il moto indipendentista in atto nel paese asiatico.

L’Autore ricostruisce, con grande maestria, come nessun altro ha saputo fare prima di lui, l’atmosfera, gli usi, i costumi, le ambizioni, le speranze e le disillusioni di due popoli in un momento di svolta della loro storia e lo fa senza infingimenti o buonismi di maniera. In particolare, Scott offre al lettore il punto di vista britannico, quello degli “imperialisti”, sul periodo coloniale, sottoponendolo a severa critica, e, soprattutto, senza tralasciare gli abusi ivi perpetrati. Nessuno, infatti, come Scott, è stato in grado di catturare la psicologia, le debolezze, l’ingenuità e anche la crudeltà dell’impero nella sua politica colonialista in India.

E così come accade allo scorpione che se prigioniero in un cerchio di fuoco si conficca nella cervice il pungiglione velenoso di cui è dotato, allo stesso modo il Raj britannico, sul finire della Seconda guerra mondiale, affretta la propria autodistruzione di fronte alla minaccia rappresentata dal fuoco dell’indipendenza che divampa ovunque in quella parte di mondo: l’impero britannico appare, oramai, destinato allo sgretolamento.

Ma veniamo alla trama.

L’eco dello stupro della giovane Daphne Manners raccontato nel primo romanzo della tetralogia, “Il Gioiello della corona”, è ancora viva. Il giovane Hari Kumar, accusato ingiustamente della violenza, è trattenuto ancora in carcere e il suo persecutore, Ronald Merrick, un oscuro funzionario di polizia, è divenuto, nel frattempo, un ufficiale dell’esercito. In questo contesto entrano in scena i Layton, un’antica famiglia del Raj le cui vicissitudini si intrecciano sapientemente con quelle narrate nel primo volume. Figure centrali sono le giovani figlie dei Layton: Sarah e Susan. La prima, dal carattere indomabile, per nulla prona alle ambiguità dei suoi connazionali, la seconda, una figura scialba, vuota, che decide di sposare un altrettanto scialbo ufficiale del prestigioso reggimento fucilieri di Pankot Rifles, Teddie Bingham, compagno di stanza di Merrick, l’ex funzionario di polizia che ha torturato e molestato in carcere il giovane Hari.

Il romanzo è dunque incentrato sulle vicende dei Layton, che si ritirano da un mondo al tramonto, quello del Ray britannico, appunto, per cercare conforto nella negazione, nell’alcol e nell’oblio. Ma, al contempo, è anche una spietata critica delle secolari crudeltà perpetrate ai danni di un popolo che non vuole essere più il ‘gioiello della corona’.

Quella di Scott è un’opera letteraria imponente e avvincente, con una struttura narrativa di facile fruizione, che saprà certamente ritrovare l’interesse delle nuove generazioni di lettori.


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