Micha van Hoecke, artista straordinario interprete del 900 e del nostro secolo.

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Scompaiono i maestri e ci lasciano orfani e sempre più soli. Micha van Hoecke danzatore, coreografo, regista, attore musicista, pittore e molto altro ancora, è stato sicuramente un Maestro, difficile da incasellare in un’unica categoria. Un artista a tutto tondo, unico, raro nel panorama contemporaneo. Micha se n’è andato sabato 7 agosto, alle 22,30 circa, all’ospedale di Massa dove era stato ricoverato per quella malattia inesorabile che in pochi mesi lo ha portato via. Era un uomo coltissimo, un intellettuale autentico, conosceva la musica, era capace di leggere le partiture, conosceva la poesia, anche quella italiana e la grande letteratura, un danzatore, un coreografo e un regista ma anche un eccellente attore, il suo debutto, appena quattordicenne era stato in un film, Les loup dans la bergerie di Hervé Brombergé e poi come non ricordare il suo indimenticabile Bolero danzato da Jorge Donn nel finale del film “Les uns les autres-Bolero” di Claude Lelouch.

Tra sacro e profano

Micha era divertente, ironico, amava ridere, raccontare e inventare barzellette, calembour, giocare con i doppi sensi e con le parole, adorava il biliardo, indimenticabili le sue lunghe chiacchierate a tavola o proprio durante una partita a carambola, raccontava di suo padre Hans, pittore belga, di sua madre, Vera Svet musicista e cantante fuggita dalla Russia durante la rivoluzione, che posava per i grandi pittori al Palazzo delle Belle Arti di Bruxelles, dove aveva conosciuto suo padre. E di sua zia, Sonia, sorella della madre e grande danzatrice amata dalla Pavlova e da Balanchine, degli anni parigini e degli incontri con i grandi protagonisti della cultura del novecento. Nel 1956 a soli 13 anni a Parigi, fa un provino con Maurice Béjart, passa l’audizione ed entra alla scuola. Da studente diventa assistente del grande coreografo, supervisore del Ballet Du XX Siécle e successivamente direttore della scuola Mudra, creata da Bejart che ha un eccezionale fiuto, anche se le sue opere si basano sulla tradizione russa, “lui – ricorda Micha– ha l’intuizione di modernizzare, di rendere attuale il balletto, dando loro un grande respiro politico, democratico e umanitario”.

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Nel 1981 Micha van Hoecke lascia la scuola Mudra e fonda l’Ensemble, una magnifica compagnia internazionale di artisti e danzatori, scelti tra i migliori della scuola Mudra. L’Ensemble sarà acclamato in tutto il mondo, attraverserà i continenti da Taiwan, al Giappone, alla Russia, dal Sudamerica all’Africa, fino agli Stati Uniti. Ma Micha amava l’Italia e in particolare Castiglioncello, in Toscana, in provincia di Livorno.  Lo aveva scelto nel 1984, qui sono nati i suoi spettacoli più belli. Nel borgo medievale di Rosignano Marittimo, sulla collina che domina il paese sul mare aveva comprato casa, dove viveva con la moglie, la danzatrice giapponese Miki Matsuse. Un legame forte lo legava a questa terra, tanto amata e talvolta ripudiata, tante volte se n’era andato sbattendo la porta ma poi era sempre tornato. Quella casa nel borgo era il suo buen retiro, dove trovava rifugio ogni volta, al termine delle sue tournee in tutto il mondo e quando qualche anno fa, aveva deciso di sposarsi con Miki, la sua fedele compagna, danzatrice del suo Ensemble, aveva scelto il Castello Pasquini, a Castiglioncello. Massimo Paganelli, direttore del festival , aveva visto il suo “Monsieur Monsieur” nel 1981 al teatro dell’Affratellamento a Firenze, diretto da Riccardo Donnini. Micha era in tournée con il suo Ensemble. Uno spettacolo estremamente innovativo, grandioso che lo aveva colpito e che avrebbe voluto portare a Castiglioncello, dove nel 1982 nasceva “Così danza l’Europa”, la rassegna curata da Vittoria Ottolenghi e Leonetta Bentivoglio a Castello Pasquini.

 

paradosso svelato burqua

Ma i tempi non erano ancora maturi e Micha arriverà solo nel 1984. “Un uomo simpatico, divertente di grande cultura con un grande cappello bianco di paglia- così lo ricorda Massimo Paganelli- ci incontrammo alla cappellina nel parco del castello, dove c’era un piccolo bar. Micha voleva lasciare Tournai, la cittadina belga dove aveva sede il Ballet Theatre Ensemble  da lui diretto e trasferirsi in Italia. Gli dissi che forse potevamo trovare un luogo per lui e ne parlai con Giuseppe Danesin, allora sindaco di Rosignano”. La storia di Micha così nel Parco del Castello, che poi negli anni diventerà anche per un breve periodo la sede del suo ufficio. La villa della Ragnaia diventa sede dell’Ensemble e il coreografo con i suoi spettacoli diventa ambasciatore della cittadina, sui manifesti esposti in tutto il mondo, si legge “Ballet Theatre Ensemble di Micha van Hoecke di Castiglioncello.” La sua è stata un esempio di residenza artistica ante litteram, la prima in assoluto in Italia.

“Le istituzioni devono garantire la cultura ai cittadini- amava ripetere Micha– e il sostegno agli artisti, non possono e non devono abbandonarli.  È una responsabilità enorme degli amministratori e della politica, un dovere, offrire sapere e conoscenza”. Nel 1988  viene chiamato da Roberto De Simone per creare le coreografie di Orfeo ed Euridice di Gluck, e al Teatro della Scala di Milano, conosce il maestro Riccardo Muti. Nasce un’amicizia e un sodalizio che li porterà a creare insieme tante opere per la Scala e non solo. Dal loro legame prende vita un altro sodalizio importante, quello con Cristina Mazzavillani Muti e con il Festival di Ravenna di cui diviene dal 1990 coreografo e anche regista di tante opere liriche. Nascono spettacoli indimenticabili come Maria Callas, la voix des choses, che su invito del Ministero degli Esteri, rappresenterà l’Italia in occasione dell’anno della Cultura Italiana in Cina, o La Regina della Notte, ispirato al Flauto Magico di Mozart su ideazione di Cristina Mazzavillani Muti. Quello di Micha van Hoecke è un teatro totale dove danza, musica, canto e recitazione danno vita ad un’unica opera d’arte, ma è stato spesso anche un teatro che lanciava messaggi di denuncia, come nel Paradosso Svelato (2002), quando in una scena fece danzare le sue interpreti con il burka azzurro, indossato dalle donne afgane. Nella sua lunga carriera ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti, il ministero degli Esteri italiano lo ha chiamato a rappresentare la danza italiana a San Pietroburgo per i trecento anni della sua fondazione.

monsieur monsieur

Micha van Hoecke è stato direttore del corpo di ballo dell’Opera di Roma, e del Teatro Massimo di Palermo. Tra le sue reinterpretazioni delle tragedie classiche anche “Le Troiane” (2011), in cui affidò il personaggio di Ecuba a Lindsay Kemp. Tra le sue opere più famose Berg Kristall di Sylvano Bussotti, La dernière danse, Prospettiva Nevskij, Teorema da Pasolini per la regia di Luca Ronconi, Les Sept péchés capitaux con Ute Lemper. Tra le altre sue collaborazioni quella con Giorgio Strehler, con Liliana Cavani, con Luis Bacalov, con Nicola Piovani, Carla Fracci e Luciana Savignano, Riccardo Cocciante per ricordarne solo alcune. Tra le tante interpretazioni béjartiane di Micha van Hoecke, non si può non ricordare L’Heure Exquise, creato  anche per Carla Fracci nel 1998. Ispirato a Giorni felici di Beckett, è stato ripreso recentemente, debuttando a giugno, a Ravenna Festival con Alessandra Ferri e Carsten Jung, e sarà al festival Torinodanza, a metà settembre.

Micha stesso avrebbe dovuto riallestirlo, dirigendo i nuovi interpreti, ma la malattia glielo ha impedito. È stato uno straordinario interprete del nostro secolo, un poliglotta dell’arte scenica (come lo definì il critico e studioso Alberto Testa) un Maestro, per chi ha avuto la fortuna di lavorare e condividere con lui tanta vita e tanto lavoro sul palcoscenico. Resta il ricordo indelebile del suo rigore estetico, della sua grande capacità di far muovere i suoi danzatori come fossero un corpo unico, la sua follia creativa e visionaria, le sue ire furibonde in nome della perfezione e la sua leggerezza nel saper chiedere scusa un attimo dopo, i suoi grandi occhi azzurri di eterno bambino e il suo saluto “à la russe” con tre baci sulle guance. Mancherà, tanto.

Riccardo Muti Micha

Il saluto a Micha, dal suo Ensemble, letto dai danzatori durante le esequie, 11 agosto 2021 Chiesa degli artisti – Roma

 

“A volte le parole​ non escono

A volte le parole non bastano

A volte le parole si acquattano dentro non dette, perché asc­oltarle fa troppo ma­le

A volte le parole bisogna viverle prima di dirle

A volte le parole arrivano in tempo

A volte non arrivano mai

A volte arrivano ta­rdi

A volte le parole fanno viaggi intermin­abili

A volte si muovono tra la paura e l’aff­anno

A volte inciampano

A volte si nascondo­no

A volte si urlano …altre si tacciono

A volte si danzano…..

A volte era piu’ importante quello che c’era in mezzo…

A volte, tra un bazar e l’altro, si allineano e diventano un’opera d’arte….

A volte sono come il mare, che al contrario dei fiumi e nonostante si agiti molto, si arresta davanti a un po’ di sabbia, ma un giorno, forse, avanzerà…

A volte si vorrebbe non averle mai dette… A volte si rimpiangono

A volte si sentono, ma non si ascoltano

A volte si nascondono dietro a les enfants del cuore….

A volte non servono…

A volte vorremmo non smettere mai di ascoltarle….

A volte le parole…. rimanere senza PAROLE per esprimere i sentimenti

A volte non c’è bisogno di parole

A volte non bastano mai per dirti che ti abbiamo voluto bene

A volte sono Amare, a volte sono Dolci come il miele….

A volte ti scaldano il cuore

A volte cerchi di comprenderle, per poi farne tesoro…

A volte sono silenziose…

A volte risuonano coma una dolce eco

A volte servono per rinascere

A volte sono SOLO parole….

A volte con le parole vorremmo saper valicare alte montagne e dragare impervi fiumi per poter arrivare solo dove lo spirito e l’anima riescono!

A volte basta saperle esprimere

A volte si sigillano nel cuore

A volte vorremmo sentire quelle di chi è partito….

A volte le Parole sono come movimenti: mouvements à jets multiples

mouvements à la place d’autres mouvements

qu’on ne peut montrer, mais qui habitent l’esprit.

A volte le parole riecheggiano malinconiche e poi gioiose come il suono di Guitare

A volte Uno sguardo una lacrima un SORRISO VALE PIÙ DI MILLE PAROLE

A veces, las palabras, se constelan de tal forma que participan a tu destino

A volte le parole leniscono il dolore e ci accompagnano per sempre.

A volte… ma tu ci hai insegnato che, SEMPRE le parole hanno una forma, uno sguardo, un tocco ed un suono personale, unico, sincero”

 

 

Pierino il lupo

 

 

 


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