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De Carvalho, Muti e Tronti, la vita oltre i confini

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Partiamo dal colonnello Otelo Saraiva de Carvalho, scomparso all’età di ottantaquattro anni dopo una vita spesa interamente in nome del proprio Paese e di una visione della società profondamente democratica, nonostante il salazarismo arrembante e il suo ruolo di militare, dunque costretto a essere fedele al regime negli anni dell’oppressione coloniale portoghese in Africa. E invece, approfittando anche della scomparsa del fondatore dell’Estado Novo e della debolezza del successore Marcelo Caetano, riuscì a liberare il Portogallo dalla barbarie tirannica che lo aveva schiacciato per un quarantennio e ad aprire una nuova fase storica, peraltro iniziata in un giorno speciale come il 25 aprile, nel loro caso del 1974. In due anni, a cavallo fra il ’74 e il ’75, si esauriranno finalmente tre dittature nel sud dell’Europa: il Portogallo, grazie a de Carvalho, la Grecia, con la caduta del regime dei Colonnelli, e la Spagna, con la morte di Francisco Franco e l’inizio della transizione verso la democrazia. Anni esaltanti, anni da non dimenticare, anni che ebbero nella Rivoluzione dei garofani, così chiamata per l’iniziativa di una fioraia che regalò questi fiori ai militari insorti per restituire dignità alla propria terra, il momento apicale e uno dei più esaltanti.
Addio a Otelo e alla sua passione civile che, riuscendo a superare le molte difficoltà che ha dovuto affrontare nel corso di un’esistenza per nulla semplice, lo ha condotto a essere un punto di riferimento per milioni di portoghesi anche nel periodo buio dei vincoli europei, quando il liberismo selvaggio ha sferrato alle fragili democrazie del meridione d’Europa colpi formidabili che avrebbero potuto destabilizzarle ancora una volta. E invece il Portogallo, proprio come la Spagna e la Grecia, ha resistito, e oggi è un esempio di solidarietà, rinascita e, lasciatemelo dire, di ottima politica.
I migliori auguri, ora, a due belle figure del nostro panorama culturale e intellettuale. Compiono, infatti, ottant’anni il maestro Riccardo Muti e novanta il filosofo Mario Tronti, padre dell’operaismo italiano. Due figure assai diverse ma, senza dubbio, due eccellenze nei rispettivi ambiti, due esempi e due punti di riferimento, in una fase storica nella quale ne abbiamo più che mai bisogno.
Auguri per questi grandi traguardi, per l’umiltà con cui li stanno vivendo e per la grinta che ci trasmettono ogni giorno, nonostante delusioni e sconfitte, nonostante le rughe del tempo si formino inesorabili e non siano meno feroci di quelle che lacerano l’anima.
Muti e Tronti appartengono all’Italia migliore, a una stagione ormai lontana che, per fortuna, si proietta ancora in questo asfittico presente. Rendiamo loro omaggio, nella speranza che più di qualcuno, a breve, riesca a raccoglierne il testimone.

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