“Il vestito azzurro” di Antonella Napoli, è un libro bello, molto bello.
Per quello che racconta: la sua esperienza personale, anche drammatica, dentro uno snodo cruciale della storia del Sudan, quale le “rivolte popolari” che portarono, l’11 aprile 2019, dopo 30 anni di dittatura, alla deposizione e caduta di Omar Hassan al- Bashir.
Per come lo racconta : usando una polifonia di registri espressivi, capaci di rendere al meglio le diverse atmosfere ei contesti emotivi differenti, presenti nelle vicende narrate;
E’ un libro che ti coinvolge profondamente sul piano emotivo, fino a commuoverti o a farti indignare, perché ti fa rivivere, con intensa empatia, quelle esperienze e quelle emozioni dell’Africa che “ti cambiano la vita”, come, con grande efficacia, si esprime a pag. 10 : “Quando nel 2005 arrivai, per la prima volta, in DARFUR per seguire l’avvio del Progetto di assistenza umanitaria del Programma alimentare mondiale, ero entrata in una dimensione di povertà e disperazione, di terrore devastante. Lo sguardo assente delle donne, vittime di stupri, l’immagine dei bambini la cui magrezza contrastava con i piccoli addomi gonfi, si erano impressi nella mia mente, scavando a fondo nella mia anima” .
LO SPIRITO CHE ANIMA IL LIBRO
Tutto il libro è un atto di amore, anzi un quadruplice atto di amore di Antonella Napoli:
RICCHEZZA E POLIFONIA DEI REGISTRI ESPRESSIVI
Il libro si fa apprezzare molto, non solo per il contenuto e lo spirito che lo anima, ma anche per la ricchezza e la polifonia dei registri espressivi che lo rendono accattivante e godibile assai.
C’è l’intreccio di quattro registri espressivi sapientemente calibrati tra loro.
In primo luogo, il registro espressivo del realismo e l’ immediatezza del REPORTAGE.
E’ quello usato per raccontare i fatti relativi:
E’ il registro espressivo tipico del REPORTAGE giornalistico televisivo: realistico, immediato, dialoghi brevi e serrati, ritmo veloce e incalzante.
Questi fatti ed eventi vengono, però, opportunamente e adeguatamente, sempre inquadrati in un contesto storico-geografico che dà informazioni accurate sui luoghi e sul quadro socio-economico-politico-normativo dentro cui i fatti e gli eventi si svolgono.
E qui subentra il registro espressivo dell’ organicità razionale del SAGGIO.
Dal cap. III al cap.XIII c’è l’alternarsi del REPORTAGE (i capitoli dispari) e del SAGGIO (i capitoli pari). In questi cinque capitoli pari, viene data un’accurata informazione sull’inizio della dittatura di al-Bashir col colpo di stato del 1989 e sul suo sviluppo sempre più oppressivo, sull’applicazione sempre più rigida della Sharia, sulla repressione nel sangue dei vari tentativi di rivolta, sulla condizione terribile delle donne, sugli stupri come arma di guerra.
Ma nei capitoli dispari, dal VII al XIII, relativi al fermo di Antonella da parte dei Servizi di Sicurezza, irrompe il registro espressivo della suspence del RACCONTO GIALLO.
L’ arresto, il sequestro del materiale, l’ interrogatorio nella squallida e maleodorante struttura dei Servizi, la paura e l’ angoscia che possa capitarle ciò che è toccato a Giulio Regeni, la paura e l’ansia del marito Stefano e della figlioletta Giulia, è una racconto degno di un vero thriller che tiene col fiato sospeso fino al rilascio, ma anche dopo il rilascio, avvenuto per la mobilitazione di Amnesty International, dell’ ambasciatore italiano in Sudan, Fabrizio Lobasso, del Ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi.
Il quarto registro espressivo che io definisco POETICO LIRICO, non perché si esprime in versi, ma perché pervaso da una carica di emozioni e commozione che fa vibrare il cuore, esplode nei capp. XIX-XXI che raccontano l’ incontro e i colloqui con donne violentate, stuprate, umiliate e abbandonate, presenti nei campi di accoglienza Zam Zam Camp, ad Al-Fashir nel Nord Darfur, e in Al Salam Camp (Campo della Pace) a Nyala, in Sud Darfur.
Sono incontri e colloqui ricchi di tenerezza e delicatezza, di pudore e sofferenza, di emozione e commozione intensa, che al di là delle parole, si svolgono soprattutto attraverso gli occhi, lo sguardo, il volto. E’ una vera e propria magia del linguaggio del volto e dello sguardo, che mi è apparso come la traduzione poetica del discorso filosofico sul “volto” e lo “sguardo” che fa Emanuele Lévinas, il filosofo lituano-francese, a me molto caro.
“Ad Al-Fashir colpisce la forte presenza di donne vittime di stupri di guerra. Molte sono sole delle bambine. Mi scrutano con la profondità del loro sguardo” (pag.117). “Il primo incontro è con SARIMA – 11 anni – braccia esili ma spalle grosse. Mi guarda un po’ diffidente. Poi il suo viso mi regala un’espressione di una straordinaria intensità”(Pag. 114).
HAW, 25 anni, “Quando tocca alle donne è pure peggio. Quelle più fortunate come me, vengono solo violentate, altre torturate e lasciate morire come cagne, dice abbassando gli occhi. Le prendo la mano e la ringrazio per avermi raccontato la sua esperienza”(pag.118). Tenerezza e delicatezza infinite.
Poco più in là, mi colpisce AMINA, 18 anni, occhi color ebano profondi e lucenti, lo sguardo fiero(pag.118).
Al “Campo della Pace” di Nyala, la capitale del Sud Darfur, c’è l’incontro con HIBA, giovanissima donna, con una storia dolorosissima alle spalle, perché violentata e stuprata dai “diavoli a cavallo” è stata poi rifiutata dai fratelli e dalla madre e lasciata sola col bimbo nato dallo stupro subìto. “Un volto luminoso e un sorriso timido. Sguardo basso, voce flebile… mi hanno lasciato sola. Non mi hanno più voluta”, mi ha raccontato con una voce spezzata, tirando su il capo, solo in quell’istante e puntando i suoi occhi nei miei. Uno sguardo che mi ha tolto il fiato(pagg.126-128).
E IL TITOLO “ IL VESTITO AZZURRO”?
Arrivato quasi alla fine del libro non trovo traccia del Titolo “IL VESTITO AZZURRO”. Da dove è venuto, dunque, questo Titolo, mi sono chiesto più volte, mentre procedevo e andavo avanti nella lettura. La rivelazione è sopraggiunta, all’ improvviso, verso la fine dopo una pagina di intensa e drammatica emozione che mi ha procurato qualche lacrima di commozione. Non voglio svelare, però, quando questo è avvenuto, per non togliere ai lettori la gioia della scoperta e la commozione che ha invaso me.
Leggete il libro, ne vale la pena.