“Vaffa…” contro “vaffa…”. Vaffa Conte-Grillo. In modo solenne parte il vaffa del primo al secondo. L’ex presidente del Consiglio non vuole tutele per assumere la guida del M5S. Lunedì 28 giugno, in una conferenza stampa al Tempio di Adriano a Roma, ha usato parole durissime contro il fondatore dei cinquestelle: «No ad una diarchia, la leadership deve essere chiara. E io non faccio il prestanome».
La rifondazione del Movimento è urgente pena un rapido e inesorabile grave declino, ma il garante non può continuare ad essere il centro di ogni scelta. Serve un solo capo perciò, ha martellato Conte, «è lui che deve decidere se essere un genitore generoso o un padre-padrone».
È scontro totale. Grillo risponde con un “vaffa…”, uno di quelli inventati da lui. Dal suo blog su Internet ha tuonato martedì 29 giugno: non permetterà la trasformazione del Movimento 5 stelle «in un partito unipersonale governato da uno statuto seicentesco». I problemi dei cinquestelle? Il garante è stato lapidario: «Conte, mi dispiace, non potrà risolverli perché non ha né visione politica, né capacità manageriali. Non ha esperienza di organizzazioni, né capacità di innovazione». Quindi ha indetto la consultazione degli iscritti per «l’elezione del Comitato Direttivo, che si terrà sulla Piattaforma Rousseau». Grillo ha rilanciato il suo micidiale “vaffa…” a Conte già fatto scattare nei giorni precedenti parlando alle assemblee dei deputati e dei senatori pentastellati.
È un blitz clamoroso. Ha capovolto la sua posizione di pochi mesi fa. A febbraio è stato proprio Beppe Grillo a proporre l’”avvocato del popolo” come nuovo capo politico del Movimento e ad invitarlo a stendere un nuovo statuto e programma. A marzo aveva fatto partire addirittura una incredibile iperbole: «Conte è meraviglioso». Del resto aveva sostenuto con determinazione Conte: prima come presidente del Consiglio nel governo grillo-leghista, e poi come premier per quello cinquestelle-democratici.
Il comico genovese puntava sul professore di diritto privato per bloccare la disgregazione grillina. In tre anni il M5S ha perso la metà del 32% dei voti raccolti nelle elezioni politiche del 2018 e 101 parlamentari sugli oltre 330 conquistati nelle consultazioni boom. Dopo il sì al governo Draghi, l’antico nemico, c’è stato un nuovo sfaldamento. Hanno detto addio o sono stati espulsi nomi di primo piano: Davide Casaleggio, Di Battista, Morra, ex ministri.
Addio all’”avvocato del popolo” nuovo capo del M5S. Arriva il vaffa Conte- Grillo. La rottura è maturata nelle ultime settimane su chi comanda, sulla strategia e sulla organizzazione del Movimento 5 stelle da rifondare. Da una parte c’è l’ex presidente del Consiglio, punto di riferimento dei governisti pentastellati, pronto a corteggiare anche gli elettori moderati, nemmeno iscritto al M5S che dovrebbe guidare. Dall’altra parte c’è il garante che rilancia lo spirito populista e antagonista del Movimento.
Grillo ha sul capo l’inchiesta giudiziaria sul figlio Ciro, accusato di un presunto stupro assieme ad altri amici. In un video ha difeso Ciro («Non è vero niente, non c’è stato alcuno stupro») ma l’intervento ha scosso la credibilità di Grillo: il garantismo verso il figlio fa a cazzotti con la tradizionale impostazione giustizialista grillina. Non solo. C’è un conflitto d’interessi tra il suo ruolo (privato) di padre e quello (pubblico) di garante cinquestelle.
Domina l’incertezza innescata dal vaffa Conte-Grillo. Gira di tutto. Ipotesi A. Probabilmente i “colonnelli” cinquestelle, i parlamentari, gli attivisti si schiereranno in maggioranza con Grillo, il leader carismatico. Ma la “guerra fratricida” non avrà conseguenze indolori: scissione in vista.
Ipotesi B. Conte, forte della sua grande popolarità, potrebbe fondare una nuova formazione politica in competizione con il M5S grillino,
Ipotesi C. È un brutto colpo per il governo Draghi. Ma è estremamente improbabile la caduta dell’esecutivo diretto dall’ex presidente della Bce. Il presidente del Consiglio gode di un forte consenso in Europa, negli Stati Uniti e in Italia per i successi nella lotta al Covid e per i segnali di una forte ripresa economica. Non solo. I cinquestelle, in caso di un voto politico anticipato rischierebbero una clamorosa disfatta elettorale.