Né Grillo né Casaleggio junior sono mai stati esponenti politici. Quanto alla visione, sia pur discutibile, poteva avercela forse Casaleggio padre mentre l’illustre rampollo, al massimo, ha ereditato il cognome e l’azienda: la politica non fa per lui e lo ha dimostrato in ogni circostanza. Grillo, poi, da mesi, non ne indovina una neanche per sbaglio. Non appartengo a coloro che pensano che i 5 Stelle dovessero tenersi le mani libere rispetto al governo Draghi, anche perché senza il loro apporto, probabilmente, l’esecutivo sarebbe nato ugualmente, con un discreto numero di transfughi, e sarebbe stato orientato ancora più a destra. Di sicuro, tuttavia, se la sono giocata malissimo, travestendo da grillino il presidente del Consiglio più vicino al mondo delle banche e della finanza che si ricordi nella storia repubblicana e per turbo-ambientalista l’insigne ministro Cingolani, le cui posizioni sono notoriamente vicine a quelle di Renzi e della Leopolda. Per non parlare poi della distruzione sistematica di tutte le leggi positive che i 5 Stelle avevano faticosamente portato casa, ultima in ordine di tempo il cashback, con l’ovvio plauso della destra e di Italia Viva, ossia della destra mascherata da sinistra che sulla devastazione dei 5 Stelle ha investito quasi tutto il proprio capitale politico. Nelle questioni personali non entro, ma diciamo che anche su quel versante i video di Grillo non si sono segnalati propriamente per lucidità e senso dell’opportunità, e mi fermo qui per carità di patria. Insomma, il duo Grillo-Casaleggio junior le ha sbagliate tutte e continua imperterrito, ignorando gli appelli e verrebbe da dire le suppliche di alcuni intellettuali vicini a quell’ambiente che da tempo li stanno pregando di rendersi conto che il mondo, in dieci anni, è radicalmente cambiato e che l’illusione di poter tornare al Movimento delle origini altro non è che il peggiore degli incubi per chi ha a cuore le sorti di quel soggetto e il più bello dei regali per chi non aspetta altro che di vederlo morto.
Le accuse e i veri e propri insulti a Giuseppe Conte, però, vanno al di là di tutto. L’idea che un artista con una discreta carriera alle spalle possa definire incapace e senza visione politica un giurista di valore nonché il presidente del Consiglio che ha restituito credibilità ai 5 Stelle, conquistato il Recovery Plan contro i falchi rigoristi di tutta Europa e gestito al meglio la più grande crisi sanitaria da un secolo a questa parte, tutto questo rasenta il ridicolo. Giuseppe Conte ieri, al Tempio di Adriano, ha esposto una visione chiara e lineare, con al centro la costruzione di un campo progressista e un’evoluzione più che mai necessaria per una compagine che, altrimenti, è destinata a sparire, e questo accadrà, a cominciare da una virulenta spaccatura all’interno dei gruppi parlamentari della Camera e, soprattutto, del Senato.
La pretesa proprietaria, la volontà di controllo totale, l’annientamento di ogni forma di dissenso, il non comprendere l’evoluzione della fase storica, il desiderio mai nascosto di fermare l’orologio, trattando ministri e sottosegretari come se fossero ancora gli sconosciuti militanti di dieci anni fa, con annesse provocazioni, trovate da comico, sparate carnevalesche ed esagerazioni d’ogni sorta, questa distruzione di un’intuizione oggettivamente geniale rende Grillo uno sfasciacarrozze demolito dalla realtà. Conte, infatti, se ne andrà, lascerà per sempre il partito che era stato chiamato dallo stesso Grillo a rilanciare, forse abbandonerà per sempre la politica, forse fonderà un suo partito, investendo il capitale di popolarità che si è guadagnato sul campo in uno scopo ben più nobile della sterile discussione sul numero dei mandati; comunque vada, l’alternativa alla destra, a questa destra, da oggi è piu debole e più frastagliata.
Il Movimento 5 Stelle svanirà nel nulla senza lasciare altra traccia se non i propri colossali errori: dal taglio dei parlamentari alle battaglie anti-casta che un PD privo di identità ha pensato bene, per sciocca convenienza del momento, di imitare e sostenere. Ciò che di buono ha fatto, non poco, invece, se lo intesteranno altri. E il celebre duo che ancora si illude che un vaffa possa bastare per immaginare e costruire il futuro di una Nazione somiglierà sempre di più a quei mestieranti dell’intrattenimento che, esaurito il proprio repertorio, pretendono di rimanere sul palco, incuranti del fatto che la platea davanti a loro, ormai, si è svuotata.
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