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Uomini sull’orlo di una crisi di nervi. ‘Un altro giro’ di Thomas Vinterberg

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Un altro giro di Thomas Vinterberg, che inizialmente doveva essere presentato al Festival di Cannes 2020, poi annullato, nell’ultimo anno ha fatto tanto parlare di sé fino a vincere l’Oscar per il miglior film straniero.

La storia parte da una cena di compleanno tra quattro amici, dove viene esposta una singolare teoria secondo la quale l’essere umano avrebbe un deficit alcolico dello 0.05%, che bisognerebbe colmare facendo uso quotidiano di alcol. Questa abitudine farebbe cadere molti blocchi e inibizioni e porterebbe grandi benefici alla vita sociale e professionale dell’individuo.

Un film apparentemente corale dove però il vero protagonista è Martin, un mite professore liceale sui 50 anni, che si trova a vivere una profonda crisi esistenziale. Si rende conto infatti di essere cambiato negli anni, come se qualcosa si fosse spento dentro di lui. E la cosa più frustrante è che non può dare la colpa a nessuno tranne che a sé stesso. Martin inizialmente si piange addosso, incapace di vedere una via d’uscita ma con l’aiuto dei suoi amici/colleghi troverà un modo per mettersi in discussione e reinventarsi. Vinterberg offre un esempio di mascolinità nuova, che non si afferma con l’ostentazione di forza e virilità ma al contrario mostrando le proprie fragilità ed emozioni più intime. Questi quattro uomini, alle prese con vite e problemi diversi (c’è chi è single, chi è sposato da più di 20 anni, chi ha figli piccoli) creano tra di loro un rapporto speciale basato sulla complicità e sulla comprensione. Un film che difficilmente si sarebbe visto fino a pochi anni fa, quando ancora la crisi di mezza età maschile veniva rappresenta in modo stereotipato e spesso risolta con la classica sbandata del protagonista per una ragazza molto più giovane.

Il film propone una riflessione articolata anche su altri temi, come i rapporti di coppia, i sistemi pedagogici e non ultimo il consumo di alcol, che in Danimarca, come in altri paesi del Nord Europa, è molto alto, sia tra i giovani che tra gli adulti. E proprio sul rapporto intergenerazionale Vinterberg si sofferma molto mostrando come gli adolescenti spesso si isolino con i loro cellulari, perché circondati da adulti disinteressati. Martin si rende conto che i suoi studenti e le sue studentesse, come del resto i figli, non prestano attenzione alle sue spiegazioni perché non abbastanza stimolati. La conferma è che nel momento in cui il suo approccio diventa più creativo, prole e allievi mostrano più attenzione e ricettività.

Un altro giro, commedia agrodolce, ha l’inconfondibile estetica del cinema di Vinterberg (che ricordiamo è stato con Lars Von Trier uno dei fondatori del Dogma ’95) : camera a mano, inquadrature ravvicinate, luci naturali. Lo stile però non prevale mai sulla narrazione ma anzi è funzionale a sviluppare i nodi emotivi dei personaggi e soprattutto di Martin, interpretato superbamente da Mads Mikkelsen, che riesce a trasmettere in modo molto verosimile l’iniziale apatia e il progressivo cambiamento, che troverà la sua massima espressione nel finale catartico.

Il film uscirà nelle sale italiane il 20 maggio.


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