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Criminalità mafiosa e globalizzazione. “Un modello capace di replicarsi ovunque”

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Secondo appuntamento con il progetto educativo promosso dal Centro Studi Pio La Torre
di Antonella Lombardi*
“La forza della ‘ndrangheta? Una ricchezza accumulata negli anni che l’ha resa in grado di movimentare capitali a livello internazionale, ma anche la capacita’ di riprodurre ovunque un modello in grado di rigenerare le forme del territorio di origine, con un forte legame identitario che si articola anche in un senso religioso capace di produrre, a qualunque latitudine, consenso sociale”. E’ l’analisi di Francesco Forgione, gia’  presidente della Commissione Antimafia, fatta al cinema Rouge et noir di Palermo in occasione del secondo incontro del Progetto educativo antimafia promosso dal Centro Pio La Torre. Il tema in discussione ha riguardato la “Globalizzazione finanziaria ed espansione della mafia. La nascita della prima commissione antimafia europea e gli orientamenti dell’Onu”. A discuterne con gli studenti sono stati, oltre a Francesco Forgione, lo storico Salvatore Lupo, docente di storia contemporanea presso l’Università di Palermo, ed Ernesto Savona, ordinario di criminologia dell’Università Cattolica e consulente Onu.

“Quando si parla di globalizzazione si fa sempre piu’ spesso riferimento alla ‘Ndrangheta che, meglio di tutte le altre mafie, ha sfruttato l’apertura verso l’esterno acquistando terreno anche rispetto a cosa nostra, soprattutto tra gli anni Ottanta e Novanta”, ha aggiunto Forgione. “In quell’arco di tempo Cosa nostra era dilaniata da gravi crisi, dovute alle conseguenze delle stragi e al pentitismo, ma anche causate dal passaggio dal traffico di eroina a quello di cocaina, una congiuntura che la ‘ndrangheta ha invece saputo sfruttare, grazie anche ai capitali accumulati con i sequestri di persona e agli appalti sulla Salerno – Reggio”.

“Da un chilo di coca pura – ha sottolineato Forgione – si producono quattro chili di coca destinati allo spaccio; ogni chilo vale circa 50mila euro, ma arriva a produrre un plusvalore di 200mila. Una contabilita’ e un modello imitato persino dai narcotrafficanti, che hanno mutuato le stesse forme di controllo del territorio di cosa nostra e ‘ndrangheta. Una mafia globale che mantiene la sua direzione strategica in Calabria, ma vanta propagazioni in tutto il mondo che ovunque consentono di riprodurre lo stesso modello criminale. Ci si chiede per quale motivo, allora, a distanza di migliaia di chilometri la ‘Ndrangheta sente il bisogno di riprodurre il rito arcaico del santino bruciato di San Michele per iniziare i propri affiliati. La risposta sta nella necessità di ricostruire, anche simbolicamente, un legame identitario con la Calabria: si e’ qualcuno a livello internazionale e si può esistere legittimamente solo se si esercita un dominio anche nel proprio territorio di origine. È poi interessante come la ndrangheta si sia rapportata al Nord – ha concluso Forgione, rispondendo alle domande degli studenti – e’ vero che è arrivata con i soggiorni obbligati, ma la società settentrionale ha accolto i boss trasformandoli da capomafia in imprenditori”.

“Oggi le aziende private subiscono un danno enorme dalla contraffazione, pertanto il problema della criminalità organizzata e’ diventato un problema sia pubblico che privato; a differenza di quanto accadeva prima, quando le ricadute economiche riguardavano solo il settore pubblico”, ha rilevato Savona. Nel processo di colonizzazione e attecchimento delle mafie in un territorio, lo storico Salvatore Lupo ha chiarito ai ragazzi la differenza tra trapianto e ibridazione: “la prima – ha detto – fa sì che le mafie così come sono nel proprio luogo di partenza si trapiantano nel luogo di arrivo, ergo il luogo di arrivo non ha alcuna responsabilità verso l’attecchimento di questa sorta di virus”. “A questo punto, però, ci chiediamo in che misura l’organismo che viene attaccato dal virus sia davvero un organismo sano. C’e’ un discorso di domanda e offerta che va fatto per i vari paesi: di quale know how ha bisogno un Paese? Quale dialettica si apre con le comunità criminali? Se, come hanno dimostrato le ultime inchieste, gli imprenditori lombardi fanno conto e affidamento sui circuiti criminali calabresi, allora anche la loro società e’ infetta. La mafia per avere consenso commette reati in cui il danno sociale non e’ evidente, si inserisce in un interstizio al confine tra lecito e illecito sfruttando la difficoltà di definire con chiarezza cosa sia reato. Per capire e combattere la mafia ci vuole un’idea forte di legalità.

* Antonella Lombardi per “A Sud d’Europa” – Clicca qui per scaricare il settimanale a cura del “Centro Studi Pio La Torre”


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