Per quelli che… gli operai non esistono più, la morte assurda di una ragazza di 22 anni operaia, appunto, in un’azienda tessile riporta l’attenzione sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e sui morti, il cui numero continua a crescere. Luana d’Orazio lavorava nello stabilimento di Oste di Montemurlo ed è finita dentro l’ingranaggio dell’orditoio, la macchina che permette di preparare la struttura verticale della tela che costituisce la trama del tessuto. Era impiegata lì da circa un anno e viveva a Pistoia con i genitori, il fratello e il figlio di cinque anni. Da due giorni le foto di Luana, una bellissima ventenne con gli occhi luminosi di chi guarda con fiducia alla vita, stanno facendo il giro del web e sono diventate la prova schiacciante di tutta la sicurezza e l’attenzione per il mondo operaio perse in questi anni. da troppi anni. Secondo una prima ricostruzione, la 22enne sarebbe rimasta impigliata nel rullo del macchinario a cui stava lavorando venendo poi trascinata. Accanto a lei c’era un collega, girato di spalle: quando si è voltato ha visto quello che era successo, ma ha riferito di “non aver udito grida di aiuto”. L’allarme è scattato subito, sul posto arrivati oltre ai vigili, carabinieri e sanitari, ma i soccorsi sono risultati vani. Intervenuti anche i tecnici della Asl Toscana centro: hanno posto sotto sequestro macchinario e circostante area per la verifica dei dispositivi di sicurezza. La magistratura ha disposto l’autopsia della vittima. Tra Prato e Pistoia è il secondo infortunio mortale in un’azienda tessile quest’anno: il 2 febbraio Sabri Jaballah, 23 anni, aveva perso la vita schiacciato da una pressa a Montale. Lo ricordano anche i sindacati Cgil, Cisl e Uil di Prato, che stanno organizzando una “forte azione di mobilitazione” per venerdì. Sulle cause attendono gli accertamenti della magistratura ma intanto, sottolineano, non si può “non rilevare che ancor oggi si muore per le stesse ragioni e allo stesso modo di cinquant’anni fa: per lo schiacciamento in un macchinario, per la caduta da un tetto. Non sembra cambiato niente, nonostante lo sviluppo tecnologico dei macchinari e dei sistemi di sicurezza. E’ come se la tecnologia si arrestasse alle soglie di fabbriche e stanzoni. Dove si continua a morire e dove, troppo spesso, la sicurezza continua ad essere considerata solo un costo”.