Il lavoro dei giornalisti sempre più fragile, l’effetto collaterale della pandemia

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La pandemia e la crisi economica conseguente hanno dimostrato con chiarezza la fragilità del mercato lavorativo italiano, caratterizzato da una crescita continua delle diseguaglianze, da una restrizione progressiva del perimetro del lavoro dipendente e dei diritti dei lavoratori. Nel corso degli ultimi mesi, anche chi non aveva dimestichezza con precariato, sfruttamento e l’irregolarità contrattuale, non ha potuto fare a meno di confrontarsi con un fenomeno dilagante, che oggi interessa quasi un terzo del totale dei lavoratori nel Paese.

Nel settore giornalistico, la proporzione registrata a livello nazionale – pari a due terzi di lavoratori con contratto stabile e un terzo vulnerabile (cioè privi delle protezioni contrattuali) – risulta da tempo invertita, con un incremento della platea dei lavoratori atipici, precari e false partite Iva a scapito del lavoro regolare, correttamente e dignitosamente retribuito. Si tratta di una prassi, spesso caratterizzata da forme di grave sfruttamento attraverso l’impiego di contratti coordinati continuativi privi di ragion d’essere, che non ha solo creato un importante divario generazionale, ma ha generato una crescita delle diseguaglianze economiche, sociali, nell’accesso ai servizi e nel riconoscimento delle professionalità presenti sul territorio nazionale.

La mancanza di una retribuzione equa e dignitosa per il lavoro giornalistico, l’assenza di giornate di riposo e di malattia giustamente pagate, l’impossibilità di accedere ad ammortizzatori sociali e a forme di sostegno al reddito, non solo comporta la creazione di una vasta platea di lavoratori poveri, ma si riflette anche sulla qualità dell’informazione divulgata, intaccando i diritti costituzionalmente riconosciuti dei cittadini. L’indebolimento del settore dell’informazione, lo screditare e l’intimidire in modo sistematico i professionisti del settore, la riduzione del pluralismo informativo mira a indebolire l’opinione pubblica, a manipolare e disinformare le persone per orientarne i comportamenti.

La comunicazione e l’informazione producono effetti diretti su ogni campo della vita sociale in una democrazia. L’attacco alla stampa, la riduzione dei diritti dei lavoratori, compromette ulteriormente il senso di comunità di un Paese, lasciando che le persone siano facili prede degli algoritmi.

In una realtà fragile, dove la diffusione di false informazioni e la produzione di notizie tendenziose, dobbiamo ribadire con forza la centralità dell’attività giornalistica, e il necessario rispetto del lavoro, a tutela delle istituzioni democratiche e dei diritti dei cittadini. Non è ammissibile che, in un Paese democratico, il lavoro sia fonte di diseguaglianza, di impoverimento materiale e, in ultima analisi, di esclusione sociale.

Ancora una volta, facciamo appello alla politica perché arrivi alla definizione nel più breve tempo possibile a riattivare il tavolo per l’attuazione della legge sull’equo compenso per i giornalisti autonomi e per una norma contro le querele bavaglio. Una garanzia tanto per i lavoratori, quanto per la cittadinanza, a presidio delle condizioni per esercitare il dovere di informare e il diritto di essere informati.

Buon primo maggio a tutti, buona festa dei lavoratori.


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