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Arrigoni, Sepúlveda e il bisogno di restare umani 

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Due tristi anniversari pongono nuovamente al centro del dibattito pubblico il valore dell’umanità. Parliamo dei dieci anni dalla scomparsa di Vittorio Arrigoni, l’attivista filo-palestinese che trovò la morte nella Striscia di Gaza per mano del jihadismo salafita mentre prestava aiuto a uno dei popoli più oppressi e maltrattati della Terra, e dell’addio, un anno fa, all’immenso Luis Sepúlveda, lo scrittore cileno che osò sfidare Pinochet in gioventù e per questo pagò conseguenze durissime.
Arrigoni e Sepúlveda erano due personalità assai diverse, accomunate tuttavia dal costante richiamo a restare umani, a non abbrutirsi, a rifiutare l’abisso in cui sempre più sta sprofondando la nostra società e a non lasciarsi travolgere da una barbarie che il Covid ha ulteriormente acuito e disseminato.
Arrigoni si batteva per Gaza, per i bambini stremati, per una popolazione imprigionata in casa propria e condannata a vivere in condizioni disumane da un’occupazione sulla quale quasi nessuno, nella comunità internazionale, ha mai avvertito il bisogno di intervenire, come se il sistematico esproprio della terra altrui ad opera di un fondamentalismo di cui Netanyahu è il massimo esponente fosse minimamente accettabile.
Vittorio Arrigoni era un giornalista, un reporter, un uomo di pace, un costruttore di ponti e un punto di riferimento per quanti credono nella soluzione due popoli-due stati e non hanno nulla contro Israele, e meno che mai contro la comunità ebraica nel suo insieme, ma non tollerano più il devastante colonialismo delle frange più estreme della destra nazionalista israrliana che ha fatto dell’offesa e del confino del popolo palestinese la propria ragione di esistere.
Luis Sepúlveda, dal canto suo, è stato, come detto, un giovane comunista cileno vicino ad Allende, oppositore dei golpisti che assediarono la Moneda, esule dopo essere stato torturato, marito della straordinaria poetessa Carmen Yáñez, a sua volta torturata e gettata in una discarica dal regime, i cui sgherri la credevano ormai morta, eternamente in battaglia contro tutti i fascismi.
Ad Arrigoni e Sepúlveda dobbiamo un grido globale contro l’indifferenza, una lotta comune contro la diffusione dell’odio e, peggio ancora, dell’acquiescenza all’orrore, un impegno coraggioso e senza requie contro la distruzione del pianeta e del concetto stesso di solidarietà.
Ricordarli insieme, in questo tempo disperato, ha un valore incommensurabile.

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