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Morto Marco Ligas fondatore de ‘il Manifesto Sardo’

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Coerente, mai dogmatico, disponibile all’ascolto e al confronto, Marco Ligas, giornalista appassionato, ricco di umanità, determinato ma senza fastidiose ostinazioni, è morto in ospedale, a Cagliari, a quasi 80 anni, solo, senza poter abbracciare la moglie, le figlie, la nipote. E’ spirato per le complicazioni sopravvenute dopo una grave crisi cardiaca. Era noto ed amato in particolare da quel mondo di sinistra senza tessera che ha sempre posto in primo piano l’assoluta necessità della riflessione, del dubbio, della necessità della diffusione di quella che un tempo si sarebbe chiamata controinformazione. In certi casi, oggi, sarebbe l’unica informazione credibile.

Ad un mondo da cambiare, da migliorare aveva dedicato la sua azione come fondatore e direttore del giornale online ‘il Manifesto Sardo’ che rapidamente è diventato punto di riferimento degli spiriti liberi, dei senza parrocchia, ma mai banale o, peggio, qualunquista. Spiriti liberi ma proiettati al miglioramento economico, culturale e sociale della collettività. Su certe battaglie diventava intransigente, come quella combattuta e vinta – con un risultato particolarmente importante in Sardegna – contro i referendum tentati per smantellare la Costituzione, ultimo quello voluto da Renzi nel 2016.

Fin da giovanissimo insegnante si convinse che la politica avrebbe dovuto guardare con più attenzione e impegno alla parte più debole della società, al mondo operaio, al proletariato, al meridione, alle donne; alla crescita culturale. A metà degli anni ‘60 divenne segretario regionale della Federazione Giovanile Comunista e ricoprì quell’incarico finché decise di condividere convintamente il cambiamento proposto dalla nascita de ‘il Manifesto’. Amico e stretto collaboratore di Luigi Pintor, sardo di Cagliari, cominciò una militanza che non abbandonò mai più.

L’idea di far nascere la costola regionale del quotidiano nazionale derivò dall’esigenza di mettere in risalto molte delle peculiarità della ‘Questione Sarda’ anche sulla base delle riflessioni contenute nelle opere di Antonio Gramsci. Sardo nato e cresciuto in un paese dell’interno, con la sua lingua originale che, da grande intellettuale, rispettava e amava. Così come Marco amava la lingua e il paese di cui era originario, Seneghe, tra le colline dell’oristanese.

Padre e nonno affettuoso ha sempre affrontato con serenità i problemi, a volte difficili, di fronte ai quali la vita lo ha posto. Così come senza drammatizzare, quasi senza lamentarsi, ha fatto i conti con i malanni cardiaci che lo hanno portato alla morte.

Una lezione di umanità e di impegno politico che tutti i collaboratori de ‘il Manifesto Sardo’, ora diretto da Roberto Loddo, si sono impegnati a portare avanti anche di fronte alla sua bara nel funerale laico che, nonostante i pur necessari, ma sempre disumani, limiti posti dalla pandemia, si è svolto in un piazzale interno al cimitero di San Michele. Il suo giornalismo di frontiera condotto con forza e determinazione tranquille in una città e in una regione periferiche, non morirà con lui.

Ottavio Olita, portavoce Articolo21 Sardegna


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