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Assange, lettera di Papa Francesco al fondatore di Wikileaks

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E’ stato padre Dan, pastore anglicano cha svolge la missione da cappellano nel carcere londinese di Belmarsh, a consegnare la lettera di papa Francesco. Destinatario: Julian Assange, il fondatore di Wikileaks che gli Usa vogliono processare e che il Regno Unito tiene in cella in attesa che si risolva la contesa giudiziaria con Washington.

Lo ha rivelato Stella Moris, compagna di Assange.  “Dopo una notte difficile, Julian si è svegliato questa mattina – ha scritto Moris su twitter domenica scorsa – con un messaggio gentile e personale di Papa Francesco consegnato alla porta della sua cella dal prete della prigione. La nostra famiglia desidera esprimere la nostra gratitudine ai molti cattolici e altri cristiani che si battono per la sua libertà”.

Il contenuto del messaggio non è stato rivelato. Ma il gesto del Pontefice non è passato inosservato a Washington, dove il nuovo presidente, il cattolico Joe Biden, nei giorni scorsi ha dato mandato ai legali del governo di presentare ricorso contro la mancata estradizione di Assange dal Regno Unito, dove il fondatore di Wikileaks si trova in detenzione in attesa che vengano affrontatate svariate questioni giudiziarie legate al suo caso.

L’impugnazione della mancata estradizione conferma che Joe Biden vuole processare Assange, incriminato negli Usa con 18 capi di accusa per aver collaborato con l’analista della Cia Chelsea Manning e aver divulgato nel 2010 centinaia di migliaia di messaggi diplomatici top secret. Una delle più colossali fughe di notizie della storia.

A inizio anno, dopo che era stata respinta la richiesta di estradizione negli Usa, un tribunale britannico aveva deciso che Assange, in ogni caso, non può essere scarcerato, dopo i 7 anni trascorsi da rifugiato-recluso nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra e i quasi 2 da detenuto in attesa di giudizio nella prigione di massima sicurezza di Belmarsh, alle porte della capitale del Regno Unito.

Per per avere contribuito a svelare file segreti del Pentagono e di altre istituzioni, inclusi i documenti sui crimini di guerra commessi in Iraq e in Afghanistan, Assange rischia negli States una condanna a 175 anni di prigione e l’isolamento a vita.

Manning, che fu la talpa di WikiLeaks fornendo informazioni riservate sui crimini commessi da funzionari e militari Usa nelle missioni all’estero, un’anno fa tentò tentò il suicidio in carcere. Nel 2010 l’allora soldato Bradley Manning trafugò centinaia di migliaia di documenti militari e cable diplomatici riservati, alcuni top secret, mentre svolgeva il suo incarico di analista di intelligence a Baghdad. Una volta ottenuto materiale sensibile – tra cui un video in cui elicotteri Usa uccidevano 12 civili disarmati – Manning lo consegnò a WikiLeaks, che lo diffuse mettendo gli Usa in forte imbarazzo. Arrestata e reclusa prima in Kuwait e poi in isolamento nel carcere militare di Quantico, in Virginia, al termine del processo davanti alla corte marziale, Manning riuscì ad evitare la condanna per il capo di accusa più’ grave, quello di connivenza con il nemico e di alto tradimento, reato che prevede la pena di morte. Ma subì una condanna a 35 anni di reclusione. Una pena nel 2017 commutata dall’allora presidente Barack Obama, quando aveva l’analista aveva scontato sette anni di detenzione, durante i quali decise di diventare, cambiando il nome da Bradley a Chelsea. All’inizio di marzo del 2020 Manning venne di nuovo arrestata per essersi rifiutata di testimoniare davanti al grand jury sul caso di Assange. Pochi giorni dopo il tentato suicidio riottenne la libertà.

 


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