In esclusiva per Eurocomunicazione abbiamo sentito il collega che si trova a Cracovia e gli abbiamo chiesto dettagli sulla situazione politica in Polonia
Cracovia – Da qualche giorno il collega polacco Maciej Miżejewski dal 1993 giornalista della televisione pubblica Telewizja Polska e dal 2020 giornalista indipendente, freelance che spesso ha trattato il tema della crisi della democrazia in Polonia, ha ricevuto una telefonata dalla Procura della Repubblica di Cracovia. La quale in data 29 marzo prossimo venturo vorrà rivolgergli alcune domande.
In esclusiva per Eurocomunicazione abbiamo sentito il collega che si trova a Cracovia. Gli abbiamo chiesto dettagli sulla situazione politica in Polonia e sui timori che questo incontro potrebbe comportare.
Sig. Maciej Miżejewski ci può spiegare la situazione politica in Polonia?
«Il caso polacco rappresenta un valido esempio di distruzione dello Stato di diritto. Il partito Diritto e Giustizia (Prawo i Sprawiedliwość) salito al potere nel 2015 minaccia il cammino democratico del Paese, membro dell’Unione europea dal 2004, portando la Polonia in una fase storica di rinnovata incertezza nonostante i notevoli progressi registrati in campo politico e socio-economico nei primi anni ’90. Ecco una dimostrazione di come si possa, passo dopo passo smantellare la democrazia e instaurare delle regole autoritarie. Quali, la subordinazione della Corte costituzionale all’interesse politico del partito al Governo, la dipendenza del sistema giudiziario dal potere esecutivo. E soprattutto il pieno controllo politico sui media pubblici».
«Il partito al Governo, avendo la maggioranza assoluta dei seggi nel Parlamento, sta dimostrando come si possa instaurare un regime senza carri armati, né prigionieri politici, ne censura preventiva. In teoria Kaczynski, caro amico di Viktor Orban, faceva il semplice deputato, ma nei fatti è lui adesso il vero capo dello Stato. Il Governo, il presidente della Repubblica, il presidente della Camera, nonché la maggioranza parlamentare ubbidiscono a qualunque suo ordine o desiderio. In questo momento, il suo desiderio é quello di rendere i tribunali dipendenti dall’esecutivo ossia, far sì che la giustizia segua le direttive del partito al governo che nomen omen si chiama Diritto e Giustizia».
Qual è la situazione in cui si trovano oggi i media polacchi?
«Il pluralismo interno dei media pubblici in Polonia si trova in pericolo. La ragione per le difficoltà e la politica di comunicazione dell’attuale governo. Per tanti giornalisti come me, le garanzie costituzionali della libertà di espressione sono diventate una fictio iuris. Tale politica del Governo polacco è in netto contrasto con la giurisprudenza europea. La quale ritiene il pluralismo e l’imparzialità dell’informazione. Cosi come lo spazio di riservare nei mezzi di comunicazione alla dialettica delle opinioni come fattori indispensabili di bilanciamento dei diritti della maggioranza e dell’opposizione».
«Le stesse preoccupazioni sono state espresse dal Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa e dal segretario generale del Consiglio. Come afferma l’organizzazione European Federation of Journalist. L’introduzione di un sistema per il quale il ministro di un Governo può nominare o cacciare a sua discrezione le board di supervisione e il management del broadcaster va contro i principi base degli standard accettati in Europa per quanto riguarda il servizio pubblico. Altrettanto i termini simili si sono espressi i rappresentanti della Association of European Journalists, di Reporters Without Borders e del Committee to Protect Journalists».
Quali sono le sue previsioni per il futuro?
«La crisi del pluralismo dei media in Polonia ha delle conseguenze anche sulla condizione della professione giornalistica. Dopo trent’anni di battaglie per l’apoliticità dei media pubblici, questo concetto rimane ancora “in alto mare”. Siccome i media pubblici sono diventati uno strumento per governare in modo efficace, sono tornati a ricoprire la funzione svolta prima del 1989, vale a dire la svolta nel periodo non democratico.
Nonostante il fatto che conformemente alla legge sui media, i programmi della televisione e della radio polacca devono distinguersi con il pluralismo, l’imparzialità, l’indipendenza, e presentare diversità degli avvenimenti sia al livello nazionale sia all’estero, oggigiorno non si può dire che i media realizzino appieno la loro funzione principale, vale a dire il controllo del potere. I commentatori politici nei telegiornali e nei notiziari di carattere politico sono, nella maggior parte dei casi, giornalisti e caporedattori legati ai periodici e ai portali internet di estrema destra».
«Una situazione che influenza la formazione del dibattito pubblico. L’ambiente dei giornalisti é diviso. Vi sono personalità del settore che affermano la loro lealtà al Governo, il che rafforza la polarizzazione delle opinioni in merito agli avvenimenti politici. La qualità del discorso politico nei media sembra essere significativamente peggiorata. Questo perché le emittenti pubbliche in Polonia non svolgono più la loro funzione di forum di dibattito pubblico. Abbassando la qualità del discorso politico, e di conseguenza indebolendo significativamente la condizione della democrazia polacca, dando ampio spazio e potere ai gruppi antisistema, populisti ed euroscettici».
Perché é stato convocato dalla procura?
«Sono stato contatto dalla ABW (Agencja Bezpieczeństwa Wewnętrznego), agenzia per la Sicurezza interna polacca, per un colloquio. Evidentemente dopo una serie di arresti dei noti avvocati polacchi come Roman Giertych (amico dell’ex presidente del Consiglio europeo Donald Tusk) e il giudice indipendente Igor Tuleja, citati e ben conosciuti anche dai costituzionalisti italiani, ora tocca a me. Come dice il mio avvocato, probabilmente dopo la pubblicazione in Italia di miei tre articoli scientifici presso le prestigiose riviste romane di diritto comparato europeo come Federalism.it, Nomos (le attualità nel diritto) e Comunicazionepuntodoc della Sapienza Università di Roma che trattano della crisi della democrazia in Polonia, vogliono ora fermare la mia critica contro il governo di Kaczynski e del suo partito al potere nella dimensione europea. Si tratta anche di una forte pressione su di me, come giornalista indipendente dagli organi di Stato».
«Le garanzie costituzionali della libertà di esprimere le proprie opinioni sono diventati in Polonia una fictio iuris. L’art.54 della costituzione polacca (come l’art.21 nella costituzione italiana) garantisce la libertà di esprimere le proprie opinioni. La libertà dei mezzi di comunicazione sociale ovviamente è collegata con quella di espressione delle proprie opinioni».
Libertà di parola
«La problematica della libertà di parola, anche oggetto di accordi internazionali ratificati dalla Polonia, fra cui va ricordata la Convenzione per la Tutela dei Diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, stipulata nel 1950 sotto l’egida del Consiglio d’Europa e sottoscritta dalla Polonia il 19 gennaio 1993. L’art.10 della suddetta Convenzione sancisce che ognuno ha il diritto di esprimere le proprie opinioni. Tale diritto comprende la libertà di avere opinioni e di ottenere e trasmettere informazioni. E idee senza ingerenze da parte delle pubbliche autorità e senza tener conto dei confini statali. Tale menzione costituisce un completamento dell’art.9 che introduce il principio della libertà di pubblica presa di posizione in rapporto con la politica. Essa inoltre autorizza ad esprimere opinioni critiche circa la politica statale attuata dalle autorità stesse».