BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

La Turchia abbandona la Convenzione Internazionale di Istanbul contro la Violenza sulle Donne 

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La Turchia, mediante un decreto firmato dal suo presidente Erdogan, abbandona la Convenzione di Istanbul per la prevenzione e la lotta  della violenza contro le donne che fu  firmata ad Istanbul nel 2011 proprio dallo stesso Erdogan, all’epoca primo ministro. La convenzione venne poi ratificata dal Parlamento di Ankara, ma da allora le associazioni, fra cui la piattaforma turca  “We Will Stop Feminicide” ne denunciano la completa disapplicazione . Il trattato internazionale CEDAW impone agli stati di adottare una legislazione che contrasti la violenza domestica ed in genere gli abusi coniugali, e proprio questo obbligo giuridico internazionale non si concilia con la visione conservatrice del governo turco. Il controllo sulle relazioni familiari e la tutela che le vittime possono vantare pretendendo un intervento normativo dello stato, secondo Erdogan,  minerebbero l’unità familiare, incoraggiando il divorzio e dando possibilità alle comunità Lgbt di essere maggiormente accettate nella società, perché i riferimenti del trattato al principio di uguaglianza ed alla parità di genere, sempre secondo il governo turco, verrebbero strumentalizzati.
Resta il fatto che proprio la violenza domestica e il femminicidio sono una grave emergenza sociale in Turchia, e proprio nel paese in cui la Convenzione fu decisa, solo nello scorso anno, almeno 300 donne sarebbero state uccise per mano maschile, sempre secondo il gruppo per la tutela dei diritti femminilli We Will Stop Femicide Platform. Per  il ministro della Famiglia del lavoro e dei servizi sociali Zehra Zumrut Selcuk  il sistema legale turco è “abbastanza dinamico e forte da adottare nuove normative in base esigenze concrete ”  e nella sua dichiarazione pubblica si legge addirittura che  “i diritti delle donne sono garantiti nella legislazione nazionale, in particolare nella Costituzione turca”.

Selcuk poi conclude pleonasticamente che: “la violenza contro le donne è un crimine contro l’umanità e la Turchia continuerà risolutamente la sua lotta secondo il principio di “tolleranza zero”. Alle numerose proteste che la decisione ha suscitato, il governo turco risponde di essere” sinceramente” impegnato nel portare la reputazione e la dignità delle donne “al livello che meritano”, come ha pubblicato su Twitter il vice presidente Fuat Oktay, e sentenzia sempre sui social, “non è necessario cercare rimedi esterni o imitare gli altri per questo obiettivo fondamentale. La soluzione invece è nelle nostre tradizioni e costumi, in noi stessi“.

“Significa considerare le donne cittadine di seconda classe e permettere che vengano uccise” ha dichiarato Gokce Gokcen, il numero due del principale partito di opposizione turco, criticando aspramente la scelta del governo. Tutto questo accade a pochi mesi dalla dichiarazione pubblica con cui Recep Tayyip Erdogan aveva ribadito il suo impegno a portare la Turchia all’interno dell’Unione Europea. Nel novembre scorso infatti il presidente turco lo aveva solennemente riaffermato durante il suo discorso  ai membri del Partito per la giustizia e lo sviluppo (Akp), coalizione politica che governa Ankara, rispondendo alle sanzioni che l’UE aveva ipotizzato di varare a causa dell’ingerenza turca nelle acque territoriali della Grecia e di Cipro.

“Chiediamo all’Ue di mantenere le sue promesse, di creare un legame più stretto con noi, mantenendo la loro promessa di piena adesione e rispettando gli impegni sui migranti, di non discriminarci o almeno di non farsi strumento dei nemici che prendono di mira il nostro Paese”, aveva detto Erdogan ai suoi sostenitori. “Non ci vediamo altrove che in Europa” aveva aggiunto, “vogliamo costruire il nostro futuro insieme all’Europa” e “non abbiamo problemi con l’Ue che non possano essere risolti attraverso la politica, la diplomazia e il dialogo”. Ma nel contempo oggi Erdogan rifiuta  di conformarsi ai principi del diritto internazionale, facendo arretrare il Paese che presiede indietro di centinaia di anni, lasciando aperta, purtroppo, una pericolosa strada alla Turchia lungo la quale essere considerata un paese che viola i diritti umani dalla comunità europea degli Stati.  Chissà se anche stavolta la rilevante incidenza turca negli affari economici internazionali prevarrà rispetto agli obblighi giuridici ai quali ogni paese civile deve obbligatoriamente oggi attenersi.


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